La premier Theresa May fa sapere che a giugno stabilirà la data delle sue dimissioni, il Brexit Party di Nigel Farage esplode nei sondaggi e Boris Johnson conferma per la prima volta in via ufficiale che correrà per la leadership dei Conservatori. Tout se tient, verrebbe da dire. Ma questa è Londra, non Parigi. E il tormentone resta uno e sempre quello: l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. Perciò l'ex sindaco della capitale inglese spiega alla platea di broker assicurativi di Manchester di essere «determinato a vedere la Brexit diventare realtà». «Non è un particolare segreto per nessuno», ammette lui stesso, ma poi ribadisce chiaramente in maniera ufficiale: «Correrò, certo che correrò».
Dopo settimane di apparente calma piatta, un nuovo terremoto sembra attendere la Gran Bretagna nel post-Europee. Non solo perché l'establishment politico inglese dovrà fare i conti con l'esito delle elezioni per l'Europarlamento, che nei sondaggi vedono il Brexit Party di Nigel Farage galoppare verso la vittoria. Ma anche perché ai primi di giugno arriverà il voto a Westminster, «in seconda lettura», sulla legge per l'attuazione dell'uscita dalla Ue. May spera ancora nell'approvazione e nell'addio a Bruxelles entro l'estate (la deadline è fissata per il 31 ottobre). Ma le chance sono ridotte all'osso visto che l'intesa sulla Brexit è già stata bocciata tre volte da Westminster. Comunque vada, a quel punto la premier si farà da parte. La prospettiva è stata messa nero su bianco ieri in un comunicato del Comitato 1922, l'organismo del Partito conservatore che rappresenta i deputati senza incarichi e si occupa del processo di elezione dei leader Tory. Il documento è arrivato dopo l'incontro tra la stessa May e il presidente del Comitato 1922, Graham Brady, al termine di settimane di colloqui infruttuosi sulla Brexit con il leader dell'opposizione Jeremy Corbyn.
Ed è ormai chiaro che sarà un giugno caldissimo a Londra e una partita al coltello all'interno del Partito conservatore per la successione a May e anche per il futuro della Brexit. Il Labour ha fatto sapere che non voterà a favore di alcun piano per la Brexit se questo non contemplerà l'unione doganale e la garanzia che non possa essere ribaltato da un futuro leader Tory. La notizia che la premier se ne andrà, non farà altro che convincere i conservatori euroscettici - se ce ne fosse ancora bisogno - a votare contro per accelerare l'avvento di un leader anti-Ue.
Perciò arriva Boris, l'ex ministro degli Esteri ed ex sindaco strapopolare di Londra. Per dimostrare che può esserci un'alternativa a Farage senza che si debba per forza rinunciare alla Brexit. E per dare una spinta a una situazione di totale stallo. «C'è stata una reale mancanza di controllo e dinamismo nel modo in cui abbiamo affrontato queste discussioni - ha detto Johnson lanciando la sua stoccata a Lady May - Negli ultimi tre anni abbiamo fallito nel presentare una narrativa vincente su come sfruttare le opportunità della Brexit.
E io ho una voglia infinita di fare le cose per bene e portare il Paese sulla strada giusta». Dovrà vedersela con un partito spaccato, un Paese spaccato e i contendenti interni. Ma l'avanzata di Farage e la frustrazione degli euroscettici per lo stallo della Brexit potrebbero dare a Boris la spinta decisiva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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