Borsa di studio tolta al disabile Il ministero: «È stato un errore»

L'imbarazzo del sottosegretario all'Istruzione: «Non ne sapevo nulla, la vicenda trattata male». E si corre ai ripari per aiutare Andrea Macrì

Telefonate. Lettura frenetica delle carte archiviate troppo precipitosamente. L'ammissione che qualcosa non ha funzionato. Il ministero dell'Istruzione corre ai ripari e cerca di rimediare allo scivolone commesso con una buona dose di sciatteria e superficialità: il dossier che porta il nome di Andrea Macrì è stato riaperto, ora l'idea è quella di ripristinare la borsa di studio tolta nel silenzio al ragazzo ferito gravemente nel crollo della scuola a Rivoli Torinese il 22 novembre 2008. Andrea è un simbolo, Andrea ha sofferto, Andrea è una bandiera dello sport e la sua vicenda non può finire in fondo ad uno scaffale. Andrea, che dopo e mesi di ospedale aveva faticosamente ripreso a camminare con l'aiuto di un tutore e di una stampella, aveva ricevuto un contributo per gli studi dall'allora ministro Mariastella Gelmini. L'ultimo finanziamento è arrivato nel 2012, poi più nulla. Un anno fa la sgradita scoperta: Andrea e il padre Vincenzo chiamano il ministero e vengono a sapere che la borsa è stata cancellata e i soldi, 100 mila euro complessivi, tagliati. Fine.

Ieri il Giornale rivela la storia, amarissima, e a Roma si rendono conto che il caso non può essere liquidato con una alzata di spalle. Il governo Renzi ha investito sulla scuola e non può certo sporcare la propria immagine con una brutta pagina. Così il sottosegretario Davide Faraone, Pd, ricostruisce quello che è accaduto: «Purtroppo la vicenda è stata trattata con freddezza, con mentalità burocratica e io non ne sapevo nulla».

Che cosa è successo? Semplice: il classico rimpallo di responsabilità. Il giovane, come ha raccontato «il Giornale», si è concentrato sullo sport, entrando addirittura nella squadra azzurra: prima nel team di scherma che ha partecipato alle Paralimpiadi di Londra del 2012 e poi nel gruppo tricolore che si è impegnato a Sochi nello sledge hockey. Inevitabilmente il ragazzo ha rallentato, fino quasi a frenare, e ha dato solo una manciata di esami. La società che gestiva le borse di studio, Indire, ha scritto al Ministero annunciando che la borsa sarebbe stata cancellata perché Andrea non aveva più sostenuto gli esami. E al Ministero, per quello che si è appurato, non hanno nemmeno risposto, hanno solo preso atto di quello che era successo e hanno archiviato la pratica.

Nessuno è andato a vedere chi fosse Andrea Macrì, nessuno si è soffermato sulla sua dolorosissima esperienza, nessuno ha accostato il suo nome alle performance sportive, peraltro ottenute col sacrificio di ore e ore di allenamenti, al suo impegno, alla sua testimonianza nel mondo della scuola: nulla di nulla.

«Ho cercato Davide Faraone che conoscevo - ha detto al «Giornale» Vincenzo Macrì, padre di Andrea - ma lui non si è fatto trovare». «Non mi risulta», replica Faraone, ma ormai il passato è passato. Ora si cerca una via d'uscita dal pasticcio: «La settimana prossima - conclude il sottosegretario - incontrerò Andrea e suo padre, parleremo, vedremo come riprendere il rapporto interrotto. Andrea è un esempio e lo Stato non può dimenticarsi di lui, magari possiamo pensare ad una borsa per l'attività sportiva. Ringrazio il Giornale per aver segnalato il suo caso». «Se avessi un contributo ripete Andrea - riprenderei subito a studiare». Senza soldi c'è invece il rischio che dopo aver abbandonato l'università il giovane lasci pure la scherma: «Ho 24 anni e devo cercarmi un lavoro». Chissà.

Simona Malpezzi, parlamentare, una delle voci più autorevoli del Pd sul difficile fronte della scuola, si augura un finale dignitoso: «Andrea è un'eccellenza italiana. Il governo può e deve trovare il modo per aiutarlo».

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