La figuraccia di Zuppi cardinale anti governo

L'attacco fuori bersaglio sull'8x1000 nasce anche dal pressing della sinistra che l'ha eletto leader

La figuraccia di Zuppi cardinale anti governo
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La gaffe sull'8x1000 - accuse al governo Meloni su un provvedimento del governo Conte nel 2019 - viene considerata un passo falso per il «Papa della sinistra». Nulla che comunque possa scalfire l'autorevolezza del cardinal Matteo Maria Zuppi (foto), specialmente a sinistra. Il presidente Cei non riesce a liberarsi dall'immagine di un uomo di Chiesa schierato politicamente. Zuppi, celebrato come il «prete di strada» è lo stesso che prima di entrare nella Cappella Sistina per eleggere il successore di Papa Francesco, ha voluto parlare di Festa della Liberazione. Candidato al soglio di Pietro dalla bolla mediatica progressista, Zuppi, forse, è ancora in trance agonistica da Conclave. Le indiscrezioni trapelate dell'assise cardinalizia hanno dimostrato come l'elezione di un Papa romano di Roma fosse un'ipotesi residuale mai presa in considerazione. Come se la conclamata vicinanza alla Comunità di Sant'Egidio fondata da Andrea Riccardi, fosse garanzia di elezione. In ogni caso il Pd di Elly Schlein, Repubblica, le Acli, le Ong, Sant'Egidio stessa, movimenti pro migranti e tutte le anime belle del cattolicesimo democratico hanno eletto l'arcivescovo di Bologna, suo malgrado, a leader di una Chiesa «anti-Meloni». Per loro «don Matteo» è un simbolo. Il giorno dopo la sua uscita anti governativa a freddo, Demos, costola di Sant'Egidio del Pd, tiene il punto sull'8x1000 e difende la posizione del «suo» cardinale. Anche se il deputato dem Paolo Ciani, anch'egli legato a Sant'Egidio, non «intravede» una imminente battaglia parlamentare sullo strumento fiscale. Anche perché significherebbe delegittimare l'alleato grillino e quanto fatto dalla precedente gestione dem. Le Acli, invece, spalleggiano Zuppi e insistono. Tra chi attacca via social il centrodestra, e non Conte, c'è Chiara Pazzaglia, presidente delle sezioni bolognesi. In Consiglio comunale, al fianco del sindaco Matteo Lepore, poi, siede Filippo Diaco, che delle Acli è l'ex presidente. È la Bologna «zuppiana» che si stringe attorno al suo arcivescovo. Il presidente Cei è diventato da tempo «un punto di riferimento fortissimo» per tutti i progressisti. Anche sulla gestione dei fenomeni migratori le posizioni del porporato trasteverino sono note: accogliere, accogliere, accogliere.

Da sempre uomo del dialogo, Zuppi non ha mai evitato l'interlocuzione con il centrodestra. È anche per questo che dal governo è trapelato «stupore» per un'offensiva così diretta (oltre che errata). Il tifo da stadio dei progressisti per la successione a Jorge Mario Bergoglio può aver influito come arma di pressione. A metà mese, sempre a Bologna, è in programma la Repubblica delle Idee. Il quotidiano diretto da Mario Orfeo schiera un quartetto d'archi, un parterre anti-meloniano doc: Elly Schlein, Giuseppe Conte, Maurizio Landini e proprio Matteo Maria Zuppi. Del resto, la sinistra non si fa problemi a includere il presidente Cei come un leader pari grado dell'opposizione. È un vero e proprio pressing culminato nei meme circolati durante il Conclave: «La sinistra riparta da Zuppi», si leggeva. Insomma, per quanto il cardinale non indossi la casacca dem, il Nazareno lo ha arruolato de facto. Non c'è da stupirsi: il cardinale è proprio quello che il «campo largo» vede come sintesi di tutte le virtù politiche.

Cattolico sociale, massimalista il giusto, capace di dialettica con un mondo che va dai centri sociali ai sostenitori della Messa in latino. È la Chiesa jovanottiana - quella che va da «Che Guevara a Madre Teresa». La formula che il centrosinistra cerca per provare a tornare competitivo per le prossime elezioni politiche.

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