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"Braccati dai libici e sepolti dai proiettili. Pensavamo di morire"

L'ufficiale dell'Aliseo: "Almeno cento i colpi, la nave un colabrodo. Ci ha salvato il caso"

"Braccati dai libici e sepolti dai proiettili. Pensavamo di morire"

«I libici avranno sparato almeno cento colpi, all'impazzata, e l'elicottero della Marina ha filmato tutto. La cabina è come uno scolapasta. Ci potevano ammazzare tutti. Cose da brividi» racconta Girolamo Giacalone ufficiale di guardia del peschereccio Aliseo. Il Giornale lo ha raggiunto a bordo, via telefono satellitare, mentre fa rotta verso casa a Mazara Del Vallo con sette uomini di equipaggio. Il comandante Giuseppe Giacalone, ferito alla testa, riposa e il suo ufficiale racconta i momenti drammatici vissuti giovedì al largo della Libia.

Cosa è accaduto?

«Eravamo a 35 miglia dalla costa perchè c'era la nave della Marina (la Libeccio, nda) in zona. Pensavamo di poter stare tranquilli, ma non è stato così. La nave militare ci ha intimato di andarcene, di fare rotta verso nord. Attorno all'una abbiamo recuperato l'attrezzatura di pesca e ci stavamo mettendo in navigazione».

Quando sono arrivati i libici?

«Nel frattempo si era avvicinata la motovedetta libica (Obari, ex unità della Guardia di Finanza donata a Tripoli, nda). Abbiamo opposto un po' di resistenza virando a dritta e sinistra. Non volevano venire sequestrati come era capitato qualche mese fa ad altri pescatori a Bengasi. Allora i libici hanno cominciato a sparare all'impazzata».

La Guardia costiera di Tripoli sostiene di avere esploso solo colpi di avvertimento in aria. Non è così?

«Quando arriviamo in porto vi facciamo vedere i vetri rotti, i fori di proiettile. Le pallottole volavano ovunque. Il comandante ha rischiato la vita. É stato ferito alla testa. Un proiettile l'ha preso di striscio. É un miracolato. Ha il capo fasciato dal medico della Marina militare venuto a bordo».

Hanno centrato il peschereccio?

«Ci hanno colpito da tutte le parti. La cabina di pilotaggio è piena di buchi. Sembra uno scolapasta. Pure lo schermo del televisore è stato centrato. All'inizio sparavano con armi leggere. Noi andavamo a zig zag per fuggire e hanno fatto di tutto. Ci è andata bene perché se avessero avuto qualche cannoncino ci affondavano».

Quanto è durata?

«Abbiamo passato un paio d'ore terribili. Avranno sparato almeno cento colpi. Via radio dicevamo ai libici che la nostra nave militare si stava avvicinando, ma non ci davano ascolto e continuavano a sparare. Procedevamo sempre un po' a dritta e un po' a sinistra per scappare schivando i proiettili».

La Marina non ha lanciato subito un elicottero per venirvi a soccorrere?

«Ancora prima che si avvicinassero i libici c'era l'elicottero italiano che girava sopra le nostre teste. I piloti hanno visto tutto e credo filmato quando dalla motovedetta ci sparavano addosso (il video esiste e si vedono sia colpi sparati in aria, che in acqua. Alcuni proiettili hanno colpito il peschereccio, nda)».

I libici vi hanno abbordati?

«Il comandante ci ha fatto scendere sotto coperta per tenerci al riparo. É rimasto da solo in plancia. Quando l'hanno ferito abbiamo fermato le macchine. I libici si sono affiancati per salire a bordo. Hanno portato il comandante sulla motovedetta e medicato. Sul peschereccio c'erano tre libici armati che hanno imposto di fare rotta verso Homs (da dove era partita l'unità della Guardia costiera, nda)».

La fregata Libeccio non è intervenuta?

«La nave militare era sempre vicino a noi ad un miglio, ma non ha fatto nulla. Via radio ci hanno chiesto di riferire ai libici che si dovevano allontanare per permettere l'assistenza medica degli italiani, ma non hanno eseguito l'ordine. E continuavano a fare rotta verso terra».

Com'è finita?

«Ci devono essere state telefonate fra Tripoli e Roma. Penso che si siano messe d'accordo le autorità politiche. Arrivati a 25 miglia da Homs i libici si sono fermati riportando a bordo dell'Aliseo il comandante.

E ci hanno liberati lasciandoci andare».

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