Braccio di ferro sui voucher Incidente che sa di elezioni

Il governo rinvia ogni decisione sul lavoro occasionale Il Pd protesta, Mdp minaccia l'addio. Esecutivo a rischio

Braccio di ferro sui voucher Incidente che sa di elezioni

Un braccio di ferro tutto politico sulla pelle delle aziende che chiedono una soluzione certa e veloce al danno subito con l'abolizione dei voucher lavoro. Un iter tutto sommato tranquillo come quello della manovrina primaverile è entrato in stallo sugli emendamenti del governo, al punto che in molti hanno ipotizzato un primo serio scricchiolio della maggioranza se non l'atteso (o temuto) «incidente» che potrebbe fare cadere Paolo Gentiloni.

Dopo svariate anticipazioni dei piani del governo su come sarebbero stati sostituiti i buoni che servivano a pagare il lavoro occasionale, aboliti per evitare il referendum della Cgil, l'esecutivo ha deciso di non fare niente. Prima è stata notata l'assenza di una proposta di modifica proveniente da Palazzo Chigi. Il ministero del Lavoro ieri pomeriggio non sapeva né se né come sarebbero stati reintrodotti i buoni.

Una dichiarazione ufficiale del viceministro dell'Economia Enrico Morando ha confermato lo stop. «Ci sono tantissimi emendamenti. Il governo ha preso atto che ci sono più di dieci proposte in tema di lavoro occasionale e ha deciso di non sviluppare una sua proposta». In serata anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha confermato.

L'esecutivo, insomma, se ne lava le mani. Ma non l'azionista di maggioranza. Ettore Rosato, capogruppo dem alla Camera poco dopo l'uscita di Morando ha precisato che «ci sarà una norma in manovra sul lavoro occasionale. Varrà per le famiglie e per le imprese». Rosato è un esponente Pd vicino a Matteo Renzi e l'ex premier non vuole rinunciare a una nuova versione dei voucher, visto che non aveva apprezzato l'abolizione totale dello strumento decisa dal governo Gentiloni per evitare il referendum abrogativo della Cgil.

La tesi ufficiale è che il governo ha sempre preferito la via parlamentare, anche perché la Cgil si è rivolta al presidente della Repubblica per fare rispettare l'esito del referendum che non si è mai tenuto.

Ma c'è dell'altro. Compresa la sopravvivenza del governo, come hanno confermato deputati e senatori di Mdp. Esponenti di punta del movimento di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani hanno detto chiaramente che, in caso di riproposizione dei voucher, loro apriranno le ostilità. «Andremo avanti anche noi e usciremo dalla maggioranza», ha detto il capogruppo di Articolo 1-Mdp alla Camera Francesco Laforgia. Un problema soprattutto al Senato. L'Mdp ha puntato il dito contro Renzi, accusato di volere fare cadere Gentiloni. Ma ad avere l'interesse a una fine prematura dell'esecutivo senza legge elettorale è proprio l'Mdp. Forse anche Alternativa popolare. Il capogruppo Maurizio Lupi ieri ha criticato un eventuale misura sostitutiva dei voucher, ma da destra. Nel senso che i centristi della maggioranza vorrebbero includere tutte le imprese, non solo quelle piccole.

Per il resto, la manovra si è arricchita di micro modifiche. Come lo stanziamento di 44 milioni per le mense scolastiche bio. Massimo Artini di Alternativa libera ha segnalato la proroga del monopolio delle Poste nella consegna di atti giudiziari e contravvenzioni fino al 10 settembre 2017. Poi assunzioni più facili per i comuni con i conti in ordine.

Il decreto si conferma insomma una mini finanziaria, assalto alla diligenza compreso.

Tutto questo mentre qualcuno ipotizza una decisione inedita: l'anticipo della legge di Bilancio in estate. Pur di evitare l'esercizio provvisorio. Una suggestione che dà un'idea del clima.

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