Bruxelles ci scarica tutti gli immigrati

Una bozza alzerebbe da 2 a 8 anni la responsabilità dei Paesi di ingresso

Lodovica Bulian

Mentre l'Italia per 81 giorni è stata senza un governo, e i giochi non sono ancora chiusi, l'Unione europea ha continuato a lavorare a uno dei dossier più delicati per il nostro Paese, quello dei migranti.

Senza che ci fosse però la voce di un esecutivo forte in grado di battere i pugni sul tavolo e di far valere le ragioni che hanno fatto dell'Italia negli ultimi anni la sala d'attesa d'Europa. Ed è così che anche ieri, dalla riunione degli ambasciatori dei 28 del Coreper (il comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri) è uscita un'ulteriore beffa che penalizza il nostro Paese: proprio quella riforma del regolamento di Dublino tanto rivendicata come prioritaria da Roma in tutti i vertici europei nel nome di una solidarietà comunitaria, rischia di trasformarsi in una nuova, paradossale, tenaglia.

Sarà così se il prossimo governo non metterà presto mano all'ultima bozza di modifica uscita dai tavoli preparatori ai lavori del consiglio europeo. L'urgenza italiana era infatti quella di cambiare la regola che impone allo Stato di primo ingresso dei migranti di farsene carico, dalla loro richiesta di asilo all'accoglienza: una norma che si era rivelata disastrosa per le nostre coste geograficamente esposte all'esodo dalla Libia.

Ebbene, secondo alcune indiscrezioni, nonostante Italia, Spagna, Grecia, Cipro e Malta avessero chiesto, in un documento congiunto, di abbassare la durata della responsabilità del Paese di primo ingresso di un migrante a due anni, l'ultima versione di ieri avrebbe innalzato la soglia a otto, dopo averla già portata a cinque nelle precedenti discussioni e con molti Paesi che pure la vogliono fissare a dieci. Grazie al muro alzato soprattutto dal blocco di Visegrad, il documento, se dovesse passare così come è stato scritto, getterebbe benzina sul fuoco sull'emergenza migratoria. Non solo. I «ritocchi» alla riforma, permetterebbero ad altri Stati Ue di rimandare i migranti in Italia con una semplice notifica, invece che con una richiesta formale da inviare alla nostra unità di Dublino, a cui spetta poi vagliarla e soprattutto approvarla.

Insomma, una sconfitta su tutta la linea su uno dei dossier più importanti per la tenuta del sistema di accoglienza italiano, messo a dura prova dagli arrivi di persone che transitano nel nostro Paese solo per raggiungere il Nord Europa. E che puntualmente vengono respinti alle frontiere. Eppure a Bruxelles, da Juncker a Merkel a Macron, almeno a parole, era stata pubblicamente condivisa la necessità di «non lasciare sole l'Italia e la Grecia».

Invece anche il meccanismo di relocation e di redistribuzione di quote di rifugiati in Europa, pensato per alleggerire le strutture italiane, dopo aver fallito nella sua applicazione è stato ridimensionato: se finora sono stati ricollocati appena 12mila profughi, in futuro il meccanismo scatterà solo di fronte a soglie molto alte di arrivi.

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