Buzzi: "Marino non è meglio di Alemanno"

Il ras delle coop certifica la continuità tra le due giunte. E il pm si infuria

Buzzi: "Marino non è meglio di Alemanno"

Roma Mentre la partita politica sul Campidoglio e sul futuro della giunta di Ignazio Marino si gioca tra Viminale e Palazzo Chigi, dalla Sardegna rimbalzano le accuse del ras della «29 giugno» che sembra non avere molti riguardi per la «discontinuità» nei rapporti con Mafia Capitale tra Alemanno e il sindaco-chirurgo. Per lui, spiega in un verbale a fine luglio, l'unica «discontinuità» tra le due amministrazioni è che «prima i politici non li pagavo», mentre con Marino «io c'ho diciotto consiglieri comunali su quarantacinque, cinque assessori su dodici, cinque presidenti del municipio su quindici. Con Alemanno mica c'avevamo 'ste cose. Noi c'avevamo Alemanno e basta». E quando i magistrati gli chiedono di spiegare meglio in cosa constistevano gli oneri di mantenimento nella nuova giunta, Buzzi aggiunge: «Questa me la sto a riserva', sto a scrive direttamente a Pignatone, a Renzi, ad Alfano e a Gabrielli». I magistrati non gradiscono: «Lei ha già scritto al Papa, figuriamoci se non può scrivere a Renzi, ma alle domande che le facciamo deve rispondere». E Buzzi risponde. Con le sue dichiarazioni riempie centinaia di pagine inguaiando soprattutto la maggioranza di centrosinistra a Roma e nel Lazio. E le bordate arrivano come rimbalzo su domande che, invece, gli vengono rivolte sulla giunta di Alemanno.

Sui rapporti con l'ex sindaco i pm non lo ritengono credibile. La questione sono i soldi dati a Franco Panzironi, ex ad di Ama. «Estorsioni» secondo Buzzi, che dice di avergli versato complessivamente intorno a un milione di euro per vincere gare e ottenere lo sblocco di pagamenti. Per la procura, Alemanno - beneficiario con la sua fondazione di una parte dei soldi «in chiaro» - era consapevole dell'origine di quei fondi, e del fatto che fossero il corrispettivo di appalti pilotati. Buzzi, invece, sostiene che l'ex sindaco ne fosse all'oscuro, e sbotta. «Pensa che Marino è meglio di Alemanno?», dice ai pm. Poi il capo della coop dettaglia, come già emerso, i favori - soprattutto assunzioni - riservati a suo dire ai politici «nuovi». Racconta dell'attuale assessore ai Lavori Pubblici Maurizio Pucci (che ha annunciato querela), confermando rapporti precedenti all'ingresso nella giunta Marino («mi chiese di sostenergli la campagna elettorale alle comunali, con finanziamenti e dandogli una macchina», dice, reputando «violenta» la richiesta). Parla di un'assunzione fatta per l'assessore all'Ambiente Estella Marino, ribadisce quelle pretese dall'ex vicesindaco Luigi Nieri e i rapporti con l'ex assessore alla Casa, Daniele Ozzimo, allarga alla richiesta di Daniele Leodori, presidente dem del consiglio regionale del Lazio, che gli avrebbe fatto assumere una persona «che voleva 3mila euro al mese e nemmeno voleva veni' a lavora'». E aggiunge le pressioni del capogruppo Pd in Campidoglio Fabrizio Panecaldo («era un assalto... ogni volta che andavi in consiglio comunale ti riempiva di fogliettini»).

Curioso il capitolo su Nadia Cerrito. La segretaria di Buzzi, che teneva il «libro nero» delle tangenti, è stata scarcerata a luglio dopo aver aiutato i magistrati a decifrare i nomi in codice. Buzzi è felice: «Nadia non sa nulla, una bella notizia, so contento». Ma i pm gli fanno notare che, in realtà, la Cerrito avrebbe ammesso le sue responsabilità («Quella confessa... e lei dice che non c'entra niente?»).

Buzzi finisce per coinvolgere anche due bandiere romaniste. Francesco Totti e Ciccio Cordova, quest'ultimo per la gestione di una mensa a Castelnuovo di Porto.

Il capitano giallorosso, invece, secondo quanto Odevaine ha raccontato a Buzzi, sotto la giunta Veltroni «si è comprato questo palazzo a Torremaura e poi vince casualmente la gara» per l'emergenza abitativa. E inoltre della sicurezza dei figli del calciatore si sarebbe occupata la polizia municipale, spara ancora il «rosso».

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