Bye-bye alla Brexit di Halloween. Boris Johnson non può più mantenere la sua promessa: «Uscire dalla Ue il 31 ottobre o morire». E ora che mancano 8 giorni e la Brexit sembra impossibile che si faccia entro la notte delle streghe, il primo ministro inglese, piuttosto che morire, sventola la minaccia di elezioni anticipate. Da tenersi anche prima di Natale. Ma prima «straccerò l'accordo con la Ue», avverte. Anzi no, si corregge dopo il voto del Parlamento: «Lo metterò da parte, per ora», dice, lasciando trapelare che anche lui, in fondo, sarebbe disposto a un rinvio breve. Johnson va al contrattacco dopo essere stato fermato dal Parlamento in un'altra giornata di ordinaria battaglia a Westminster. I deputati hanno rigettato la sua richiesta di arrivare in tre giorni, entro giovedì, al via libera del pacchetto legislativo di attuazione del suo accordo con la Ue. Troppo poco il tempo per passare al setaccio quei contenuti, hanno stabilito i parlamentari, con 322 voti contrari e 308 a favore, rigettando la mozione del governo che imponeva lo sprint. Il paradosso è che, poco prima, l'Aula ha invece dato la propria benedizione, in linea di principio, al pacchetto legislativo sull'accordo, con 329 sì e 299 no. Un successo per Johnson alla prima prova, seppur generica, sull'intesa con la Ue, che per essere approvata necessita di una maggioranza di 320 deputati. Lui ne ha avuti 9 di più. E si rallegra del fatto «che per la prima volta in questa saga, la Camera ha accettato le sue responsabilità e abbracciato il deal».
Il Withdrawal Agreement Bill, 110 pagine accompagnate da altre 124 pagine di note esplicative, è stato pubblicato appena 17 ore prima del voto dell'Aula con cui l'esecutivo intendeva imporre il calendario, tre giorni frenetici, per arrivare alla scadenza di giovedì, entro la quale la Brexit di Halloween non è più possibile. Un pacchetto legislativo di questo genere e portata hanno obiettato i deputati di opposizione e i ribelli tory richiederebbe almeno otto settimane di controllo accurato. «Ridicolo che le cose vengano fatto così», spiega il leader del Labour Jeremy Corbyn, pronto ad allungare i tempi e soprattutto a modificare i contenuti dell'accordo con la Ue con emendamenti che potrebbero snaturarlo.
Ma BoJo, che pure già aveva detto «meglio morto in un fosso che il rinvio», rilancia: se non è la mia Brexit di Halloween, sarà il voto. «In nessun modo permetterò che questa vicenda vada avanti per mesi». Un'ostinazione che è un guanto di sfida all'opposizione, visto che per arrivare a elezioni anticipate è necessario il via libera dei due terzi del Parlamento, 434 deputati.
È chiaro che ormai tutto va verso un rinvio della Brexit. Anche se Boris promette di telefonare immediatamente ai rappresentanti europei per dire che lui una proroga non la vuole, nonostante sia stato costretto a chiederla a causa del Benn Act. Il premier vuole tenere l'arma del no deal sul tavolo per fare pressing sui deputati. Se il rinvio sarà breve o lungo è da vedere. Perché intanto pare che il primo ministro abbia un piano B. Cercare un rinvio breve in modo da tentare comunque, entro metà novembre, di far passare il suo accordo. Ma Bruxelles si pronuncerà solo quando da Londra arriveranno segnali chiari.
E se anche Jean-Claude Juncker si dice stufo - «parlare così spesso di Brexit è una perdita di tempo ed energie» Donald Tusk tiene le porte aperte, come vuole Angela Merkel: «Una Brexit senza accordo non sarà mai una nostra decisione». Il bivio a questo punto è tra rinvio breve o lungo.
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