Roma - Aumentano i posti di lavoro ma soltanto per gli over 50. L'allarme era già stato lanciato lo scorso anno anche da Confindustria: l'Italia non è un paese per giovani e gli ultimi dati Istat confermano questo andamento. Dal 2013 l'Italia assiste ad un progressivo per quanto lento aumento degli occupati nella fascia degli ultracinquantenni mentre la tanto attesa svolta per i giovani non c'è stata. Dunque un sostanziale fallimento per quello che doveva essere l'obiettivo prioritario del Jobs Act.
Nel mese di agosto gli occupati sono aumentati di un esile 0,1 per cento, ovvero 13mila unità. Dato comunque migliore del meno 0,3 registrato in luglio. Nel corso dell'anno l'incremento è pari allo 0,7, 162mila posti in più. Ma quel segno più si registra solo per gli over 50, 401mila unità, e per il lavoro dipendente. Tra i giovani invece si sono persi in un anno 239mila posti. Complessivamente dunque il tasso di disoccupazione si attesta all'11,4 ma l'occupazione in agosto cala nella fascia tra i 25 ed i 49 anni di 39mila unità. E si tratta di persone che non sono arrivate alla pensione. Diminuiscono i lavoratori autonomi, meno 1,6 ovvero 89mila persone. In totale nel mese di agosto si registrano 2,9 milioni di persone in cerca di lavoro. Difficile entusiasmarsi per il calo di 0,4 punti per il tasso di disoccupazione della fascia più giovane 15/24 anni, sceso al 38,8 visto che restano esclusi dal calcolo i giovani non occupati e non in cerca di lavoro, in maggioranza studenti. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti si dice soddisfatto perché, «cresce il lavoro dipendente stabile», sottolineando che «dall'insediamento del governo Renzi gli occupati sono 589mila in più: erano 22 milioni e 179mila, oggi sono 22 milioni e 768mila».
Ma la realtà è che il governo non ha affrontato le ragioni strutturali della inarrestabile crescita della disoccupazione nelle fascia della popolazione che dovrebbe invece essere la più attiva. Basta confrontare il dato della disoccupazione giovanile in Italia, 38,8 con il 20,7 dell'eurozona per rendersi conto che l'Italia arranca ancora a fatica.
Le ragioni della crisi del lavoro giovanile e del maggior numero di occupati tra gli over 50 sono complesse e di natura diversa. Certamente il governo attuale non ha responsabilità per il fatto che la fascia tra i 50 e i 65 sia così affollata come conseguenza del baby boom iniziato negli anni 50 e proseguito fino al '70. E neppure è responsabile della recente riforma Fornero che ha innalzato l'età della pensione.
Ma certamente una delle ragioni chiave è la mancanza di offerta di lavoro qualificato che spinge i giovani laureati e specializzati a cercare all'estero una collocazione ben retribuita e conforme alla loro preparazione mentre in Italia il mondo del lavoro va a caccia di lavoratori meno qualificati destinati a salari più bassi.
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