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"C'è un ricco tesoretto dentro le criptovalute. Ecco come tirarlo fuori"

L'esperto: "Con una tassa al 10% sul capitale denunciato l'Erario incasserebbe miliardi"

"C'è un ricco tesoretto dentro le criptovalute. Ecco come tirarlo fuori"

C'è un tesoro nascosto tra le pieghe del web. Una ricchezza che non ha ancora una cittadinanza e dalla quale lo Stato invece potrebbe avere un ritorno cospicuo. Mettendo finalmente e regole certe a un settore che l'innovazione ha portato più avanti del legislatore. SI parla insomma di criptovalute, materia sulla quale il Professor Vittorio Emanuele Falsitta ha cercato di mettere un punto per la prima volta nel nostro Paese. Falsitta, avvocato esperto di materia fiscale, è stato anche deputato dal 2001 al 2006 e relatore della riforma del sistema tributario statale. E con il suo team, i rappresentanti della Direzione Centrale dell'Agenzia delle Entrate e Decentra, l'Accademia dei Registri Distribuiti di Bologna, ha trovato la chiave per accedere a quel tesoro utilizzando la voluntary diclosure. Partendo dal presupposto che il mondo delle criptovalute non sia popolato solo dalla criminalità. Anzi.

Da dove avete cominciato?

«Il punto di partenza dei nostri studi è che chi si è occupato di questi temi dal punto fiscale ha pensato solo a come regolare il futuro, cercando di trovare una giusta imposta da applicare. Noi invece abbiamo puntato l'interesse al passato, a come inquadrare un fenomeno che si è evoluto enormemente senza leggi da seguire. Si tratta di sdoganare una ricchezza fin qui rimaste sotto traccia».

Qual è il risultato?

«Il 13 ottobre 2022 a Milano, presso l'Agenzia delle Entrate di Milano e con i rappresentanti della Direzione Centrale, Settore contrasto illeciti (Ucifi), si è concluso il contraddittorio del primo accertamento volontario per la regolarizzazione di un capitale costituito solo da criptovalute».

In pratica?

«In pratica, in assenza di norme specifiche, abbiamo pensato di utilizzare quelle generali. E tra le pieghe abbiamo avuto la certezza di poter applicare già regole esistenti. L'amministrazione dell'Agenzia delle Entrate per fortuna è stata molto collaborativa. Capendo che si stava parlando di una ricchezza che non nasce da cattive intenzioni».

Ma è valuta illegale o no?

«Questo è un concetto importante da chiarire. L'associazione criminalità-mondo cripto è quasi automatica, ma è spesso fuori luogo. Ci sono molte persone - diciamo così - per bene che hanno solo la colpa di essere state superficiali per non aver dichiarato l'acquisto di valute virtuali. Gente che ha minato, scambiato, accumulato e alla quale si deve dare la chance di uscire allo scoperto».

Di che somme parliamo?

«Non c'è una cifra certa, ma possiamo affermare tranquillamente che si tratta complessivamente di decine di miliardi di euro. Noi ora sappiamo che esistono norme all'interno dell'ordinamento che consentono di portare questo denaro alla legalità, con un'imposizione non eccessiva. Si immagini solo se fosse applicato il 10 per cento di tasse a chi volontariamente ne dichiara l'esistenza».

Per l'Erario è sufficiente?

«Posso dire che il primo caso in Italia che abbiamo discusso avrà un certo seguito. Abbiamo riprodotto con l'Agenzia la soluzione che ha caratterizzato la collaborazione volontaria utilizzata in passato per il rientro dei capitali dall'estero, con la collaborazione del cittadino ricambiata da un atteggiamento premiale dello Stato. Un procedimento in armonia e con sanzioni ridotte che ha prodotti ottimi risultati».

Una soluzione praticabile?

«Sì, ma sarebbe meglio avere una regolamentazione specifica del fisco, che ancora non ha norme adeguate. Abbiamo fatto un lavoro, per così dire, artigianale. Ma servono regole certe».

C'è qualche limite?

«Più che un limite, una barriera iniziale: il patrimonio in criptovalute deve essere un prodotto di attività legali. E' necessaria dunque un'analisi iniziale prima di passare alla fase di trattativa».

Non si tratta di un condono...

«Tutt'altro. Per l'Agenzia delle Entrate sarebbe l'occasione anche di raccogliere dati su come questi patrimoni si formano e su come vengono cambiati, dando un valore reale alle criptovalute. Se ci fosse una norma concepita per questo procedimento, sarebbe poi più facile uniformare il lavoro in tutta Italia dell'Agenzia, rassicurando anche il contribuente.

L'emersione è un passaggio che può dare frutti e stimolare riflessioni: regolare il passato può dare insomma tranquillità per il futuro».

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