"Ma c'è stato un eccesso di libertà. Le regole disincentivano i tamponi"

L'infettivologo del Sacco: "Non sono felice di come vanno le cose. Se chi fa il test va comunque in quarantena, la gente lo evita"

"Ma c'è stato un eccesso di libertà. Le regole disincentivano i tamponi"

Massimo Galli, direttore della struttura complessa Malattie Infettive 3 all'Ospedale Sacco e Direttore di Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche all'Università degli Studi di Milano, crede che la movida o semplicemente il ritorno alla normalità possono essere collegati all'aumento dei contagi? I milanesi non osservano il distanziamento sociale né l'obbligo di indossare le mascherine anche all'aperto.

«Io credo che ci siano stati troppi segnali contraddittori, sia rispetto all'uso del dispositivi di protezione individuale sia sull'andamento della pandemia. I cittadini non solo hanno tantissima voglia di tornare alla normalità, ma soprattutto hanno perso la disponibilità ad applicare tutte le precauzioni».

Per quanto riguarda gli assembramenti «ravvicinati» cui assistiamo tutti i week-end nelle zone della movida, nessuno sembra potere essere considerato responsabile né tanto meno tenuto a far rispettare gli obblighi di legge.

«Per quanto riguarda l'apertura dei pubblici esercizi, credo che piuttosto che pensare ai plexiglas tra i tavoli sarebbe meglio concentrare l'attenzione nell'identificare le persone che hanno un'infezione in atto, cioè che sono positive e che vanno in giro nonostante tutto. Questo l'abbiamo chiesto a gran voce».

Secondo lei non è imputabile l'aumento dei casi e dell'indice Rt alla fine del lockdown? I tempi sarebbero quelli...

«I pazienti attualmente ricoverati per accertamenti non presentano le caratteristiche cliniche di quelli ricoverati fino a poche settimane fa».

Doverosa una domanda a questo punto: il virus è cambiato?

«Assolutamente no: il virus è sempre quello ma chi è ricoverato è chi è rimasto in casa fino a poco tempo fa, positivo ma con sintomi molto lievi, che finalmente trova spazio negli ospedali per poter sottoporsi ad accertamenti ed esami».

E torniamo al delicato tema dei tamponi...

«Più persone si sottopongono ai tamponi e più persone vengono ricoverate, la differenza è che non si tratta io credo di nuovi contagi, ma appunto di persone che hanno resistito in casa finora».

Sembra che l'età dei nuovi contagi si sia abbassata.

«Credo che la popolazione più fragile come gli anziani, compresa la gravità della malattia, continui a proteggersi così le persone portatrici di comorbilità, ma potrebbero sicuramente esserci delle sorprese. Io non sono assolutamente contento di come stanno andando le cose».

In che senso?

«C'è stato un eccesso di licenze».

Per quanto riguarda i giovani?

«I giovani molto spesso sono asintomatici o paucisintomatici, ci vuole tempo per capire che hanno il Covid e soprattutto non è così ovvio che chi ha i sintomi lo segnali»

Non è obbligatorio?

«Non c'è un meccanismo automatico di tamponamento della popolazione, chi ha i sintomi deve autodenunciarsi e sottoporsi a tampone. Non solo, è un'arma a doppio taglio perché chi si sottopone a tampone, anche se è negativo, deve mettersi in quarantena.

Così chi si sottopone a test sierologico, con esito positivo con tampone negativo, quindi clinicamente ha superato la malattia e non è più contagioso, deve comunque stare in quarantena senza che gli venga fatto un secondo tampone. È evidente che si tratta di un sistema che disincentiva i test e quindi il tracciamento del contagio».

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