C'è un uomo che fa cantare le piante

Il musicista-ricercatore: «Le più melodiche? Sono le palme nane»

Luca Pavanel

Il più delle volte hanno una voce dissonante, ma fanno le «dive» sfoggiando i loro «vestiti» color clorofilla. Qualcuna invece spicca per melodie. Sono le piante che, incredibile a dirsi: cantano. Secondo certi studiosi emetterebbero segnali che trattati debitamente diventano note. C'è un uomo che le fa cantare in appositi concerti. Sabato «lui & loro» saranno al teatro Arsenale di Milano per un laboratorio aperto al pubblico, con un «live» serale; sarà uno dei momenti topici della due giorni (da venerdì) Parade électronique MMT Creative Lab. Il maestro degli arbusti cantori è Giuseppe Cordaro, agrigentino d'origine trapiantato a Reggio Emilia, chitarrista col pallino per la ricerca e l'elettronica.

La storia nasce da una domanda che si è fatto, una domanda che definisce ancestrale: le piante possono, in qualche modo, parlare o addirittura intonare una sorta di canto?

«Mi sono imbattuto nelle ricerche dello scienziato Stefano Mancuso (a capo del Linv, laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale, ndr), che fa ricerche sull'intelligenza della flora racconta . Le cellule vegetali per certi scienziati emettono impulsi elettrici». Non solo, comunicherebbero attraverso una «rete», quasi una forma primitiva di internet naturale. Cordaro, appreso questo, si è mosso per capire come fare a catturare e decodificare quei segnali per trasformali in suoni. La scoperta di un collettivo di sperimentatori a Filadelfia è stata decisiva, un gruppo che stava per mettere sul mercato un sistema adatto allo scopo, il Midi Sprout. «Una scatola che registra impulsi e li converte in linguaggio sonoro continua il concertista sperimentatore , nella fattispecie in alfabeto midi». Un esempio sono i suoni emessi dai computer. Come vengono tradotte le «chiacchierate» delle piante è presto detto: sistemati dei sensori sulle foglie si aziona la succitata scatola e i dati che arrivano sono trasformati elettronicamente, il tutto poi è trasferito agli strumenti musicali. «Ogni vegetale suona a suo modo e le sequenze non sono mai uguali», prosegue. Tra le piante canterine c'è qualche fuoriclasse. Giuseppe nei boschi dell'Appennino Reggiano si è imbattuto in una quercia «che fa i trilli». In un'oasi di Torre Salsa, provincia di Agrigento, c'è «una palma nana melodica». Dalla scienza all'arte sonora.

Le rilevazioni sul campo del pioniere sono diventate un disco dal titolo Origine che raccoglie un lavoro di quattro anni passati in mezzo alla natura tra castagni, yucca, cactus ed eucalipto. «A scopo educativo propongo passeggiate sonore e in alcuni casi interazioni musical-vocali tra piante e persone collegando entrambi ai cavi di trasmissione, per far capire l'importanza del mondo vegetale che è tutt'altro che inerte». Cordaro già noto per i concerti con le registrazioni dei vulcani e per aver contribuito a mappare il fracasso di un pezzo del capoluogo lombardo col progetto Audioscan insieme a Giorgio Sancristoforo («anche per trasformare i rifiuti sonori in musica», precisa), per il futuro ha già ultimato un'altra iniziativa che appare ancora più estrema: «Uscirà una nuova incisione da me firmata e dedicata a mio figlio Zeno. I brani li ho composti utilizzando i rumori rilevati con l'ecodoppler dalla pancia di mia moglie Claudia quando era in dolce attesa».

Insomma dopo i pezzi di confine dei californiani Matmos, che anni fa lanciarono un disco con rumori registrati durante un intervento di liposuzione, e le voci registrate delle piante, presto arriverà il primo disco... fetale.

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