Calciomercato e affari sporchi: due procuratori dei big indagati

Ramadani e Chiodi nel mirino per le cessioni di Chiesa e Pjanic. Evasione e riciclaggio: 7 milioni sottratti al fisco

Calciomercato e affari sporchi: due procuratori dei big indagati

Neppure il tempo perché si attutisse l'eco dell'inchiesta sulle plusvalenze fasulle che ha investito i vertici della Juventus, e sul pianeta calcio piomba un'altra indagine che mette a nudo uno dei nodi scoperti del sistema: il rapporto con i procuratori, gli agenti che fanno e disfano le fortune di calciatori, allenatori e intere squadre.

L'indagine del nucleo valutario della Guardia di finanza investe uno dei più celebri di loro: Abdigalfar «Fali» Ramadani, macedone, 700 milioni di valori in portafoglio, agente tra gli altri di Kalidou Koulibaly, Samir Handanovic, Ivan Perisic e del mister napoletano Maurizio Sarri. Insieme a Ramadani viene inquisito il suo collega italiano Piero Chiodi. I due sono accusati di evasione fiscale, riciclaggio e autoriciclaggio, a Ramadani il pm milanese Giovanni Polizzi contesta almeno sette milioni di commissioni sottratte al fisco, entrambe relative a operazioni con al centro la Juventus: l'acquisto di Federico Chiesa dalla Fiorentina e la cessione di Miralem Pjanic al Barcellona. Ma il club bianconero non è il solo a essere nel mirino per i rapporti con il macedone. Altri otto club di serie A ricevono ieri la visita delle «fiamme gialle»: vengono visitate le sedi di Inter, Milan, Roma, Napoli, Fiorentina, Torino, Cagliari, Verona, sono tutti i club dove Ramadani ha o ha avuto clienti. Perquisite anche due di B, Spal e Frosinone. I militari, come da mandato ricevuto, sequestrano le «caselle di posta elettronica ufficiali di tutti i dirigenti e responsabili»: una miniera di dati sterminata, e potenzialmente in grado di raccontare agli inquirenti molti segreti dell'industria del pallone.

Proprio per questo, per evitare che le perquisizioni si trasformassero in una pesca a strascico devastante e per ora immotivata, la Procura ha disposto che l'analisi delle mail da parte della Finanza venga effettuata utilizzando parole chiave «da individuarsi congiuntamente con i responsabili di ciascuna società» in modo tale da «limitare l'acquisizione ai contatti di qualsiasi natura intercorsi tra il personale di tali società con Ramadani» e con la «stabile organizzazione occulta», basata su una rete di società estere, diretta dal macedone. Ma già questo squarcio potrebbe rivelare meccanismi interessanti sul lato oscuro dei rapporti tra procuratori e club: a partire delle anomalie di cui si parla da più tempo, i compensi in nero, i ritorni sottobanco ad allenatori e dirigenti, il ruolo nelle plusvalenze fittizie. Sotto quest'ultimo aspetto, l'indagine di Milano potrebbe finire con l'incrociarsi con l'inchiesta di Torino, che dopo l'attacco sul fronte Juve si sta allargando anch'essa a numerosi altri club di primo piano.

A confermare che i due fascicoli si muovono su terreni contigui c'è il dato innegabile che uno dei focus dell'indagine su Ramadani, ovvero l'affare Pjanic, è una delle operazioni finite nell'inchiesta sui bilanci falsi della Juve, per lo scambio con Arthur Melo che generò per entrambi i club plusvalenze stratosferiche. Per ora, si spiega in ambienti giudiziari, l'indagine milanese viaggia su un binario autonomo, nel mirino non ci sono i club ma solo le disinvolture fiscali di Ramadani, che per lo stesso vizietto era già stato inquisito in Spagna: e da lì nasce il primo spunto anche per l'inchiesta italiana.

Ma è chiaro che lavorare sui guadagni sottobanco dell'agente vuol dire anche accertare l'origine della «provvista», ovvero il contante approdato nelle tasche del procuratore, che non può essere spuntato dal nulla. Andare a frugare nei bilanci delle società diventa inevitabile. E a quel punto può accadere di tutto.

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