Caltagirone, due volte assolto Trattato peggio di Totò Riina

Il costruttore romano arrestato nel 2010 per il porto di Imperia, a 73 anni si è fatto nove mesi agli arresti

Caltagirone, due volte assolto Trattato peggio di Totò Riina

Lunedì scorso la Corte d'appello di Torino ha confermato l'assoluzione dell'imprenditore romano Francesco Bellavista Caltagirone nel processo sulle presunte irregolarità nella costruzione del porto turistico di Imperia (i pubblici ministeri avevano chiesto una condanna a sei anni). Un lungo calvario mediatico-giudiziario emblema di come si può danneggiare non solo la vita delle persone ma l'economia di un'intera area del Paese da raccontare in tutti i suoi incredibili risvolti.

C'era chi ci credeva alla costruzione del grande porto turistico di Imperia, un progetto che avrebbe cambiato il volto della città che si affaccia sul golfo ligure attraverso 1.400 posti yacht, darsene, alberghi extralusso, centro congressi, residenze, piste ciclabili, infrastrutture commerciali. Un'apertura al turismo internazionale di livello, quello che - usando le parole di Flavio Briatore non vuole masserie, casette e hotel a due o tre stelle, ma «lusso, porti, servizi impeccabili».

Al porto turistico di Imperia, che sarebbe dovuto diventare il più grande del Mediterraneo, ci credevano due persone in particolare: Claudio Scajola, che da sindaco della città ligure nel 1990 avviò il lungo procedimento amministrativo che si sarebbe concluso nel 2006 con l'inizio dei lavori nel porto, e Francesco Bellavista Caltagirone, il costruttore romano che con la sua Acqua Marcia aveva ottenuto l'affidamento dei lavori, promettendo un investimento di 140 milioni di euro. Il tritacarne mediatico-giudiziario li avrebbe travolti entrambi nel 2010, ponendo il porto (costruito per metà) in uno stallo che si protrae ancora oggi.

Nell'ottobre di sette anni fa infatti, Scajola - divenuto nel frattempo ministro delle Attività produttive - e Caltagirone scoprono leggendo le pagine dei giornali di essere indagati dalla procura di Imperia per associazione a delinquere in relazione alla costruzione del porto turistico, con l'accusa di aver aggirato le norme sugli appalti pubblici.

Secondo la procura, Scajola si sarebbe attivato per far sì che Acquamare (partecipata di Acqua Marcia) ottenesse l'aggiudicazione dei lavori senza gara pubblica. Gara che però secondo Acquamare non era necessaria, in quanto la società alla quale il comune di Imperia aveva affidato la concessione demaniale del porto, la Porto d'Imperia spa, era prevalentemente a capitale privato.

Il colpo di scena giunge il 5 marzo del 2012, quando la procura apre un nuovo filone di indagine per Caltagirone con l'accusa di truffa aggravata nei confronti dello Stato per la presunta lievitazione dei costi di realizzazione del porto. Così, quella mattina, dopo ben sei mesi dalla richiesta del pm Maria Antonia Dilazzaro, e nonostante la dubbia esistenza di un pericolo di inquinamento delle prove (Caltagirone non rivestiva più alcuna carica in Acquamare), il giudice delle indagini preliminari di Imperia autorizza l'arresto di Caltagirone. Le forze dell'ordine, anziché fermarlo a casa, catturano l'imprenditore sulle scale del Comune, mentre aspetta di essere ricevuto dal sindaco della città, davanti a giornalisti, fotografi e operatori televisivi. Non solo: il pm vieta all'imprenditore ogni colloquio in cella per cinque giorni, negandogli anche la possibilità di parlare con gli avvocati. A 73 anni e con problemi di salute, Caltagirone si ritrova dietro le sbarre del carcere di Imperia.

Dopo 45 giorni di detenzione, durante i quali perde 22 chili, il costruttore ottiene gli arresti domiciliari a Roma per motivi di salute. Il 18 luglio, però, viene di nuovo arrestato perché Acquamare, in cui Caltagirone non ha più incarichi, ha venduto un posto barca e attivato un arbitrato nei confronti del Porto d'Imperia, cosa che secondo il gip sarebbe riconducibile allo stesso Caltagirone e ne aggraverebbe le esigenze cautelari. Mentre termina gli adempimenti in commissariato, in attesa di essere trasferito nel carcere di Regina Coeli, l'imprenditore si sente male e viene ricoverato in ospedale. La detenzione nel penitenziario romano a quel punto non sembra più compatibile con le sue condizioni di salute, così viene trasferito di nuovo nel meno rigido carcere di Imperia. Poi, dopo quasi cinque mesi (nove mesi di custodia cautelare in tutto), viene liberato.

Il calvario che Caltagirone è stato costretto a vivere si rivelerà del tutto ingiustificato. Il primo filone dell'inchiesta, quello sull'associazione a delinquere, non riesce addirittura ad arrivare in dibattimento: il 7 gennaio del 2013, dopo tre anni di indagini, accertamenti bancari e centinaia di intercettazioni, il gip di Imperia archivia le posizioni dell'imprenditore romano e di Scajola, che nel frattempo era stato ritratto dai media come «il dominus» incontrastato della Liguria, con una sua losca «rete di potere».

È il preludio di quanto accadrà il 7 novembre 2014, quando l'inchiesta avviata dalla procura di Imperia il cui giudizio intanto era stato trasferito a Torino per ragioni di incompatibilità finirà in un colossale flop in primo grado: Caltagirone viene assolto dai reati di truffa aggravata e abuso d'ufficio «perché il fatto non sussiste» (i pm avevano chiesto la condanna a otto anni di carcere), assieme ad altri nove imputati, mentre sono solo due le persone condannate per reati minori. Tutto il castello accusatorio crolla. Lunedì scorso, la conferma dell'assoluta insussistenza delle accuse nel giudizio di appello.

Restano a terra, insieme alla polvere, sofferenze economiche, personali, umane. L'azienda di Caltagirone, lasciato per mesi a marcire in carcere a 73 anni neanche fosse Totò Riina, è fallita. Il blocco dei lavori di costruzione del porto ha innescato un groviglio di cause civili da parte di coloro che già avevano proceduto all'acquisto di posti barche o strutture legate al progetto e che poi non sono mai venuti in possesso dei beni acquistati.

Il comune ha revocato la concessione demaniale alla Porto d'Imperia spa, sulla quale è stato

chiamato a esprimersi il Consiglio di Stato, dando vita a una serie di ricorsi. L'impatto sul piano dell'immagine pubblica e dell'attrazione degli investimenti dall'estero è stato devastante. Si può chiamare giustizia questa?

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