Una diatriba incancellabile. Il day after di «Cancellare Salvini», il titolo a tutta pagina di Repubblica, è ancora all'insegna dello scambio di accuse e delle polemiche per la scelta di «sintetizzare» così brutalmente l'intervista al dem Graziano Delrio da parte del quotidiano diretto da Carlo Verdelli.
E mentre il caso del titolo incriminato finisce all'attenzione del prossimo consiglio di disciplina dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia (in calendario a inizio febbraio), che potrebbe deferire Verdelli. Proprio il direttore di Repubblica, nel suo fondo di ieri, ha già detto la sua, replicando in modo peraltro molto duro al leader del Carroccio che vedeva in quel titolo un chiaro incitamento all'odio. Per Verdelli «Salvini sa leggere» e avrebbe «capito benissimo il senso del titolo». Ossia lo sbianchettamento delle sue politiche sull'immigrazione, non «un manifesto di caccia all'uomo». Quest'ultima lettura, continua, sarebbe invece frutto della volontà dello stesso leader leghista, che per motivi di propaganda elettorale avrebbe «trasformato l'attacco di un esponente della maggioranza di governo alla sua linea sovranista, nazionalista e anche razzista, in una minaccia alla sua persona», scrive Verdelli, ribadendo che quel «cancellare Salvini» non era, «con tutta evidenza, un wanted in stile Western. Ma a lui serviva farlo credere».
Una versione che non convince del tutto il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, che però bacchetta sia Repubblica che il nostro quotidiano per il titolo «la Repubblica dell'odio», spiegando di non aver gradito «né il titolo della Repubblica, né i pulpiti da cui vengono le prediche», criticando inoltre i «toni forti» dei quotidiani, e lasciando ogni decisione al consiglio di disciplina. Che, tra i tanti esposti ricevuti, ha registrato anche la denuncia di Vittorio Feltri.
Ieri il direttore editoriale di Libero ha spiegato di averla presentata non per «colpire il direttore Verdelli», ma per «stabilire la fondatezza di un concetto: la deontologia o la si rispetta tutti, anche se discutibile, oppure che venga archiviata tra le cose inutili, o meglio dannose, perché essa si presta a dividere i professionisti della informazione in buoni e cattivi» quando, conclude Feltri, «invece siamo quasi tutti cattivi». E, nel pomeriggio, Feltri ha poi affidato a Twitter un «rinforzo» del concetto, con un esempio da lui inserito anche nell'esposto contro Verdelli: «Se Libero avesse titolato Cancellare la Segre cosa sarebbe successo?». Ma il fondatore di Libero non è il solo giornalista di centrodestra a sollevare interrogativi su quel titolo.
Lo fa anche Maurizio Belpietro: «I censori del truce scrive - che accusano di fomentare la violenza, giocano sporco sullo stop ai decreti sicurezza. E ci marciano». All'attacco anche il portavoce dei parlamentari azzurri Giorgio Mulé: «Ipocrisia di una sinistra che sbandiera il politically correct solo quando conviene».
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