Caos Francia, i paletti di Lecornu. "Non sarò prigioniero dei partiti"

Il premier incaricato: "Voglio un governo libero, il dibattito sulle pensioni sia realistico". Répubblicains spaccati fuori dalla maggioranza

Caos Francia, i paletti di Lecornu. "Non sarò prigioniero dei partiti"
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Sull'onda della preoccupazione, il premier francese ieri ha parlato ai giornalisti in Val-de-Marne. Sébastien Lecornu, richiamato in campo da Macron per rispettare la scadenza di bilancio, è di nuovo in sella. L'Assemblée aspetta la "Finanziaria" domani per avere i 70 giorni necessari a un confronto democratico in Aula. Ma già si preannunciano ritardi, e agitazioni sui mercati, sotto la lente delle agenzie di rating. Lecornu ha dunque chiamato ieri a un dibattito "realista" i partiti che intendono sostenere il suo bilancio; ancora tutto da scrivere, e senza ancora un governo. Tradotto: fuori discussione sospendere la riforma delle pensioni.

Eppure, proprio di quell'idea, aveva parlato con la compagine sinistra dell'emiciclo, esclusa poi dalle consultazioni guidate dal presidente Macron nel ping pong durato cinque giorni. Alla fine l'Eliseo ha messo all'angolo la gauche e gli ecologisti, spiegando che non avevano i numeri per vantare un incarico, e che la destra ha tuttora matematicamente più chance di governare con il suo grande centro a corto di idee, se non quella di riproporre Lecornu come premier. Il suo primo governo è durato meno di 14 ore. Ora si riapre il tavolo di trattativa con la destra neogollista che aveva già fatto saltare il suo primo esecutivo denunciando troppi macroniani doc in squadra, dopo la promesse di attuare una "rottura" col passato.

Nuovo governo promesso dai rumors di Palazzo tra lunedì e martedì. E premier che, dopo aver confessato di aver accettato solo "per dovere", di fronte a una crisi che si protrae da 15 mesi, spera in nomi in arrivo da destra. "Non sarò prigioniero dei partiti", ha detto Lecornu ammettendo che non c'erano "molti candidati" per il suo incarico e che potrebbe non durare a lungo neppure stavolta. Ha insistito, nonostante la doccia fredda dei suoi ex alleati neogollisti guidati oggi da Bruno Retailleau: l'ufficio politico dei Républicains ha deciso ieri mattina a "larga maggioranza" che il partito non avrebbe partecipato al governo. Poi una nuova riunione ieri sera, per confermare la decisione con quadri e base: per essere certo della scelta di aver lasciato l'esecutivo e intraprendere un nuovo corso politico. Decine di deputati neogollisti hanno già aperto una discussione con i lepenisti per future eventuali intese di governo. Se Lecornu fallisse e fosse deciso lo scioglimento dell'Assemblée, si sondano nuovi equilibri. Le urne rischiano di assestare il colpo di grazia alla "Macronie". E qualora Macron decidesse di andare a elezioni legislative a breve, Retailleau potrebbe così restare al riparo da accuse di connivenza con il potere dei macroniani; che lui per primo, in questa ultima fase, ha contribuito a indebolire. Con pochi contraccolpi, salvo una fronda interna che spingeva ieri sera per sostenere il premier redivivo. Lecornu ha nuovamente stuzzicato Retailleau: "Non ho un programma", ha detto, e "non ho altre ambizioni se non quella di uscire da questo momento difficile per tutti. Ci sono questioni urgenti da affrontare. Ma o restiamo fermi o andiamo avanti". L'accusa implicita al suo ex ministro dell'Interno è che voglia tenere il partito fuori dal governo per ambizioni presidenziali. Retailleau si smarca dall'insinuazione di irresponsabilità. Dice che i neogollisti voteranno testo per testo in Aula.

Niente sfiducia a priori, ma il nostro ruolo, aggiunge, ora è quello di "incarnare la svolta di cui il Paese ha bisogno, attraverso un vero progetto di destra, solido e credibile". Con il Ps fuori gioco, deluso. Che non esclude di sfiduciare Lecornu assieme alle destre.

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