L'Europa applaude Carola Rackete, ovvero la comandante della Sea Watch 3 che ha portato in Italia tre torturatori libici. Quello che si è consumato ieri alla commissione Libe del Parlamento europeo (Affari Interni e giustizia), è uno spettacolo che aveva il sapore di un sonoro schiaffo all'Italia. All'ingresso della capitano della nave Ong, prima arrestata e poi rilasciata dai giudici italiani dopo aver letteralmente schiacciato contro la banchina una motovedetta della Guardia di finanza, la maggior parte degli europarlamentari si è alzata in piedi e ha applaudito.
«Non mi sognerei mai di applaudire una comandante che - ha tuonato l'ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini - dopo aver aspettato deliberatamente 15 giorni al largo di Lampedusa per scaricare a tutti i costi degli immigrati in Italia, ha addirittura speronato una motovedetta della Guardia di Finanza mettendo a rischio la vita delle donne e degli uomini in divisa. Provo pena, imbarazzo e vergogna per chi ha applaudito Carola Rackete a Bruxelles. L'omaggio alla comandante della SeaWatch3 - ha proseguito - è un'offesa all'Italia. E nessuno ha ancora smentito la notizia dei tre presunti torturatori di immigrati caricati da Carola e scaricati nel nostro Paese, cioè in quell'Europa dove qualcuno batte le mani alle ong». Ha quindi detto: «In un Paese normale, una che ha rischiato di uccidere cinque militari Italiani per scaricare decine di immigrati a terra sarebbe in galera, non a blaterare al Parlamento europeo».
Una scena che ha lasciato l'amaro in bocca anche all'europarlamentare Nicola Procaccini (FdI): «Avevo chiesto al presidente della commissione, il socialista Lopez Aguilar, di poter parlare in merito durante l'intervento della Rackete, ma si è trovata una scusa per non farmi intervenire. Avrei voluto mi riferisse in merito ai tre torturatori libici, ma non me ne è stata data la possibilità». Ha quindi aggiunto: «È stata una sceneggiata indegna, irrispettosa degli italiani, dei nostri militari impegnati nella sicurezza pubblica e degli stessi cittadini europei, ormai consapevoli che dietro l'attività di salvataggio delle Ong troppo spesso si nasconde un'attività di collaborazione con gli scafisti e con l'orribile tratta di esseri umani».
E anche il deputato leghista Eugenio Zoffili parla di «episodio di gravità inaudita che, al di là delle divisioni politiche, chiama in causa i fondamenti stessi del nostro Stato di diritto». La Rackete, durante la sua audizione, ha puntato però il dito contro quella stessa Europa che l'ha difesa: «Nessun governo europeo - ha detto - si è preso la responsabilità dei 53 migranti, è stata una vergogna». E ha aggiunto: «L'unica risposta che ho avuto allora è stata da Tripoli, dove non potevo andare. In Europa, la culla dei diritti, nessun governo voleva 53 migranti. Le istituzioni mi hanno attaccata. Sono stata lasciata sola. I governi hanno eretto muri, come se sulla nave ci fosse la peste». Quindi ha chiarito: «La mia decisione di entrare in porto dopo 17 giorni in mare senza ricevere risposta non fu una provocazione come molti hanno detto, ma un'esigenza, poiché ritenevo che non fosse più sicuro restare in mare e temevo per quanto potesse accadere».
Per lei il Mediterraneo sta diventando «un cimitero, mentre l'omissione di soccorso e i respingimenti per procura sono diventati una pratica istituzionalizzata.
Il nostro caso come quello di altre ong - ha continuato - sottolinea la necessità di affrontare la situazione dei salvataggi in mare a livello europeo, che non può essere lasciata a negoziati ad hoc».Dei tre torturatori, però, si è dimenticata di riferire. Amnesia o convenienza?
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