Un volo dalla finestra nella notte e una gita scolastica che si trasforma in tragedia. L'ennesimo incidente mortale che ha come vittima un adolescente vede finire sotto processo lo stesso sistema dei viaggi d'istruzione.
Alcool e droga, insieme a buone dosi di temerarietà e incoscienza giovanile, troppo spesso trasformano questi brevi soggiorni delle classi fuori città in occasioni per trasgredire, provare la «cultura dello sballo», sperimentare all'eccesso una libertà che in famiglia e in classe, viene limitata dalle regole.
La morte ancora misteriosa del diciassettenne Elia Rabetti durante una gita all'Expo segue di soli 5 mesi quella del liceale Domenico Maurantonio, sempre lì a Milano, sempre cadendo giù dalla finestra di un albergo, con il corpo imbottito di superalcolici o di droga. E allora è troppo. Per le famiglie, che puntano il dito su insegnanti incapaci di controllare i loro ragazzi. Per i professori, che si dichiarano impotenti se serve una sorveglianza 24 ore su 24, se devono assumersi una responsabilità troppo grande.
La madre di Elia, tra le lacrime, l'ha detto chiaro: «È vergognoso che un ragazzino vada due giorni a Milano e poi non torni più a casa. E se gli insegnanti non sono in grado di portare una scolaresca in gita, forse è il caso di non andare in gita. Perché i ragazzi di oggi non sono più quelli degli anni '60».
Abolire queste «maledette» gite, sarebbe la soluzione? Il presidente dell'associazione nazionale presidi Giorgio Rembado risponde che sì, «ormai sono inutili, una tradizione superata». Soprattutto, spiega che per i docenti trasformarsi tutto il giorno e tutta la notte in «cerberi» a guardia degli studenti non solo è impossibile, è anche ingiusto e «snatura il ruolo dell'insegnante».
Ma il ministro dell'Istruzione Stefania Giannini dice tutt'altro: «Le gite scolastiche non sono in discussione, non sono la causa di questi drammi. Purtroppo, insegnanti e dirigenti scolastici sono spettatori passivi di queste tragedie. Dobbiamo essere lucidi nel valutare i fatti: si tratta della gestione della libertà dei ragazzi, della loro autonomia. Gli strumenti educativi devono riguardare anche questi aspetti, se si è trattato di un episodio dipeso da comportamenti».
Continuare, dunque, ma come? Anche l'Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) accusa gli insegnanti di non essersi accorti «che nelle camere di studenti minorenni giravano alcool e stupefacenti» e chiede «una normativa che regoli la sorveglianza, in queste occasioni. Anche notturna».
Regole, braccio di ferro, repressione. È proprio questo il problema, così si possono evitare certi incidenti? Per la madre di Elia gli adolescenti del nostro tempo sono più a rischio, osano troppo, rispetto a quelli di qualche decennio fa. Molto dipende dall'educazione ai valori che i genitori sanno dare, da tv, internet...
O forse è l'adolescenza in sé a spingere anche i più timidi verso il pericolo, quando si trovano nel branco.Certo è che trovare nelle scuole insegnanti disposti, senza guadagnare nulla in più, ad accompagnare in gita i ragazzi, fare le nottate e vivere nell'angoscia, è sempre più difficile.
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