Caro bollette, ma Atene ci "soffia" il gas

È ossessione No Triv. L'Italia rinuncia al maxi-giacimento nell'Adriatico

Caro bollette, ma Atene ci "soffia" il gas

Dovrebbe essere ribattezzato «S-Fortuna Prospect» il giacimento italiano simbolo delle illogiche e anti-economiche politiche del governo giallo-rosso. Una miniera d'oro (in questo caso blu, trattandosi di gas) - posta nelle acque tra Corfù e Santa Maria di Leuca - che l'Italia regalerà ai vicini greci. Una beffa per i cittadini che continuano a pagare gli errori industriali e strategici del governo. In questo caso, la scelta di importare dall'estero l'80% del gas che ci serve per scaldare le case e far lavorare le industrie.

Risultato? Nuovo caro-bollette in arrivo per le famiglie. Dal primo ottobre le tariffe del gas saliranno del 3,9%. Una stangata che secondo l'Arera (l'Autorità per l'energia), porterà la spesa gas per famiglia-tipo a quota 1.107 euro. E pensare che il metano ce lo potremmo anche estrarre «in casa», invece di regalarlo ai più lungimiranti greci. Questo perché il Fortuna Prospect è stato bloccato sul versante italiano dal Dl semplificazioni che ha stoppato le trivellazioni offshore fino a luglio 2020. La norma è stata «imposta» dall'ex ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio su pressing del titolare dell'Ambiente Sergio Costa e del governatore pugliese Michele Emiliano, entrambi amici del movimento «No Triv». Il risultato? Il giacimento sarà sfruttato da Atene che incasserà le eventuali royalties e i diritti di concessione. Alle famiglie italiane non resta che pagare. E andrà sempre peggio perché il caso italo-greco è solo l'inizio di quel green new deal, con cui il governo Conte si è detto determinato «a introdurre una normativa che non consenta più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi». Stop totale, dunque. Insomma, l'Italia ha preferito legarsi mani e piedi a Russia, Algeria, Qatar, Libia, Norvegia e Olanda, importando il loro gas.

Staremo a guardare mentre l'americana Global Med lavora al pozzo in un'area divisa tra Total (50%), Edison (25%) ed Hellenic (25%). Una prima fase esplorativa nella quale la Grecia potrà estrarre gas anche dal versante italiano del giacimento. E dove si stima possa esserci una quantità di gas assimilabile a quello rinvenuto nel sito egiziano di Zohr, un'enormità che avrebbe potuto portare all'indipendenza energetica. E invece l'Italia importa energia per circa 43 miliardi di euro l'anno, e rinuncia agli idrocarburi del territorio per ragioni di «populismo ambientale». E il danno potrebbe essere anche doppio se si pensa che le condotte porteranno il metano fino alla costa greca dove passa, oggi ancora inattivo perché in costruzione, il gasdotto Tap che va verso la Puglia e il mercato europeo. Ciò significa che, in un secondo tempo, quello stesso gas potrebbe addirittura essere rivenduto all'Italia stessa.

E il caso italo-greco non è isolato.

Qualche mese fa è saltato anche il progetto dell'Eni per investire 2 miliardi per sviluppare i giacimenti individuati sotto il fondale dell'Adriatico, dai quali si potrebbero estrarre 5 miliardi di metri cubi l'anno di metano. Un'occasione che Croazia, Montenegro, Albania e Bosnia non si faranno scappare.

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