Caro Fazio,
Sono il consigliere d'amministrazione della Rai che, oltre a Carlo Freccero assente al momento del voto in consiglio, non ha dato il proprio ok al suo mega-contratto quadriennale da 11,2 milioni per alcune ragioni che cercherò di spiegarle. Oltre all'entità del compenso, davvero faraonico, uno schiaffo in questi tempi di crisi, e all'eccessiva lunghezza dell'accordo anche se sottoposto a verifica annuale, non mi è piaciuto il tenore delle interviste che ha rilasciato negli ultimi tempi: prendere o lasciare. Tanto più che - l'abbiamo scoperto dopo - lei non sarebbe stato affatto sul punto di concludere con una tv concorrente.
Pur apprezzando, quindi, gli sforzi compiuti dal nuovo dg, Mario Orfeo, per tenersi a tutti i costi un artista della casa, non ho potuto avallare l'operazione perché non dobbiamo mai dimenticare che la Rai resta un'azienda pubblica sovvenzionata dal canone degli italiani. Per trattenere le proprie star, i vertici di viale Mazzini avevano trovato una deroga al tetto degli stipendi (240 mila euro all'anno) grazie all'interpretazione data dall'Avvocatura dello Stato e all'avallo del ministero dell'Economia, ma, credo, non si debba, in ogni caso, prescindere dal buon senso. Perché pagare Fazio che approda a Rai 1 con la stessa cifra che la Juve sborsò per Hernanes dall'Inter, e, al tempo stesso, sempre alla domenica, chiudere «L'Arena» che costava molto meno? Le regole dovrebbero valere per tutti ma così non è stato anche se il programma di Massimo Giletti riscuoteva un buon successo di pubblico e di introiti pubblicitari.
Al di là delle mie osservazioni, si sarà reso conto che il suo contratto milionario è diventato un vero «boomerang» anche per lei. È sufficiente che faccia un giro per l'Italia: in questi giorni non si parla d'altro. È vero, c'è stato un difetto di comunicazione perché l'opinione pubblica non ha recepito il fatto che, in base alle ore prestate, lei guadagnava paradossalmente di più su Rai 3, ma adesso il suo programma rischia di incorrere in una specie di boicottaggio collettivo. Il barometro di «Che tempo che fa» potrebbe davvero segnare tempesta perpetua. Sarebbe, quindi, molto meglio correre ai ripari e, anche dal punto di vista dell'immagine, guardarsi allo specchio e autoridursi il mega-cachet e non solo «pro-forma». Così facendo, riuscirebbe, forse, a riconquistare le simpatie di una parte dei suoi «fans». Lo «share» val bene un passo indietro.
Cordiali saluti,
Giancarlo Mazzuca
P.S.
: Volevo anche farle presente che la sua collega di «Che tempo che fa», Luciana Littizzetto, mentre presentava, la settimana scorsa, il suo libro alla rassegna «Taobuk» di Taormina, ha preso casualmente (?) in giro il sottoscritto che era seduto in prima fila in piazza. Non ha riso nessuno.
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