Percentuali bulgare di concessioni a Caserta, record di dinieghi ad Ancona. Risalendo su fino a Gorizia i sì incassati dai rifugiati tornano a salire fino al 60%, scendendo fino a Perugia i no all'asilo schizzano all'80%. Benvenuti nella giungla delle decisioni delle commissioni territoriali che esaminano le domande di protezione internazionale dei migranti. I responsi dei cinquanta organismi ora richiamati da una circolare del ministro dell'Interno Matteo Salvini a dare una stretta ai permessi concessi per motivi umanitari, formano un quadro a macchia di leopardo.
Infatti, se è vero che il titolare del Viminale ha invitato genericamente tutti i prefetti e i commissari ad applicare maggior rigore nel rilasciare quella forma di protezione prevista per i migranti che pur non provenendo da Paesi in guerra correrebbero seri rischi umanitari nel caso tornassero in patria, gli orientamenti sulle decisioni vanno in ordine sparso. I quattro componenti che formano le commissioni, quelli che svolgono le audizioni degli stranieri, che verificano la veridicità o meno dei loro racconti, e che infine decidono se sussistano o meno i requisiti per assegnare un qualche tipo di permesso, sembrano seguire binari diversi, talvolta opposti. Le statistiche sono eterogenee di città in città, nonostante le nazionalità dei migranti che arrivano in Italia siano sempre le stesse, principalmente Tunisia, Nigeria, Guinea, Costa D'Avorio, Bangladesh. I responsi invece variano senza una logica. Con maglie di discrezione che si allargano o si restringono senza seguire criteri omogenei da nord a sud.
Così, se si analizzano i dati del Viminale sul 2017, si nota che di fronte a una media nazionale del 60% di dinieghi alle istanze di asilo, la stessa percentuale crolla al 41% a Milano, al 45% a Roma, precipita al 33% di Torino, mentre a Palermo tocca il 25%. Nel capoluogo siciliano si scopre dunque che il 65% delle istanze viene accolto, e i permessi umanitari, proprio quelli messi nel mirino da Salvini, raggiungono il record del 68%, su una media del 23%. Se poi si guarda al rilascio dello status di rifugiato, quello a cui hanno diritto i profughi in fuga dalla guerra, si vede che a fronte di una media nazionale del 7%, nel capoluogo lombardo, per esempio, la stessa percentuale sale al 12%. Quasi il doppio. Ma raggiunge più del triplo nella Capitale, dove le tre sezioni che esaminano le domande dei migranti hanno concesso l'asilo al 23% del totale.
Andando indietro di un anno, il rapporto di Cittalia «La protezione internazionale nel 2017», elaborato sui dati del ministero del 2016, evidenzia un'anomalia che racchiude tutta la schizofrenia del sistema. È un vero plebiscito di accoglienza, quello registrato in una sezione della commissione di Caserta, la cosiddetta «Caserta 1»: 95% di sì alle domande dei migranti, il 40% in più della media. Un unicum. Anche perché paradossalmente la vicina sede principale, Caserta, è quella che ha detiene il più alto tasso di non riconoscimento dei permessi, fino al 70%. Seguita da Ancona, col 69% di no, e Perugia, con l'82. Una mappa contorta.
Che riflette percezioni e soggettività differenti dei singoli commissari che «interrogano» i richiedenti asilo. Ma su cui si basano però a cascata anche i movimenti dei migranti che sbarcano nel nostro Paese e che lo risalgono seguendo il passaparola.
Così, per esempio, negli anni una cittadina di confine come Gorizia, che in Italia è quella che concede il maggior numero di permessi dell'altra forma di protezione esistente, quella sussidiaria - il 33% su una media di 15% - è stata la meta privilegiata di migliaia stranieri che hanno seguito fino a nordest le indicazioni di altri connazionali che ce l'avevano fatta. Tutti in cerca della stessa speranza. La risposta positiva alla loro richiesta di restare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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