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Caso Khashoggi, il principe chiamato in causa

Il Washington Post: l'erede al trono ordinò l'operazione. E Trump vuole spiegazioni

Caso Khashoggi, il principe chiamato in causa

Con il passare del tempo (Jamal Khashoggi è scomparso durante un'imprudente visita al consolato saudita a Istanbul da ormai dieci giorni) il caso del presunto assassinio del giornalista oppositore del regime di Riad mette sempre più sotto stress le relazioni tra Arabia Saudita e Stati Uniti. I due Paesi sono uniti da una ferrea alleanza, ma le accuse di brutale omicidio di un intellettuale dissidente mettono in difficoltà entrambi i partner: Riad che vede gravemente danneggiati gli sforzi del principe ereditario Mohammed bin Salman per diffondere nel mondo l'immagine di un regno aperto e moderno grazie alle sue riforme, Washington che si trova costretta a richiamare l'alleato a comportamenti accettabili per l'opinione pubblica americana e internazionale, pur evitando rotture.

Così, dopo che un riluttante Donald Trump ha detto di aspettarsi spiegazioni dai sauditi, il principe (secondo la Cnn) ha contattato il genero e consigliere del presidente Jared Kushner per sostenere la tesi della sua estraneità all'accaduto. Trump però precisa di non ritenere opportuno smettere di vendere armi all'Arabia («ci danneggerebbe») e inciampa anche in una pronta smentita di Ankara quando dichiara che inquirenti Usa starebbero collaborando con quelli turchi per la risoluzione del caso Khashoggi.

In attesa di verità definitive sulla sorte dell'opinionista ostile alla casa Saud, appare sempre più chiaro che il volto della «nuova Arabia Saudita» del principe che ama farsi chiamare col suo acronimo MbS è bifronte: da una parte, come ha dichiarato alla Bbc un'esiliata saudita, i sudditi del regno ottengono finalmente il diritto di andare al cinema o di guidare l'auto se sono donne, dall'altra gli oppositori fuggiti all'estero subiscono minacce senza precedenti da parte di un potere che non ammette che i suoi avversari si organizzino.

In questo quadro andrebbe letta la rivelazione del Washington Post (il giornale per cui scriveva Khashoggi) secondo cui negli ultimi quattro mesi Riad avrebbe cercato di attirare il giornalista in patria con allettanti offerte di lavoro, con lo scopo di arrestarlo una volta rientrato; e per lo stesso giornale, sarebbe stato MbS in persona a ordinare l'operazione condotta in Turchia ai danni di Khashoggi.

Il quale, va notato, ci avrebbe messo del suo commettendo la grave imprudenza di entrare per sua scelta in una sede diplomatica che, com'è noto, ha diritto di extraterritorialità: una volta in «territorio saudita», era nelle mani dei suoi nemici.

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