Roma Chi sull'eolico semina vento, raccoglie tempesta. Lo sta imparando l'imprenditore Paolo Arata, ex forzista poi convertito alla causa leghista nel nome delle energie rinnovabili, le cui intercettazioni, dopo aver inguaiato l'ex sottosegretario del Carroccio al Mit Armando Siri, ora tirano in ballo pure il cardinale «sovranista» Raymond Leo Burke, l'ambasciatore Usa e il leader leghista Matteo Salvini, che mentre si lavorava al governo gialloverde avrebbe «chiamato anche casa nostra», racconta proprio Arata a suo figlio, a maggio dello scorso anno. Tanto da far rialzare la testa a Di Maio. Tutto viene fuori nel giorno in cui l'intercettazione a lungo evocata della mazzetta che Arata voleva pagare a Siri per un emendamento (pro incentivi all'eolico) da presunta diventa pubblica. Innescando la reazione dell'ex sottosegretario. Che attende «che la verità possa far luce su alcune spiacevoli ombre che mi vengono gettate addosso tramite calunnie e ricostruzioni totalmente inventate» concentrandosi sulla flat tax. «Nessun attacco - conclude - anche il più infamante, potrà mai farmi desistere dal cercare in tutti i modi di rivoluzionare il fisco per tutti i cittadini italiani. Avanti!». Siri prova a difendersi dai venti di tempesta e dal venticello della calunnia, forte del fatto che la tangente a suo favore arriva de relato, riferita da Arata. «Gli do 30.000 euro, perché sia chiaro tra di noi... Io ad Armando Siri, ve lo dico». L'imprenditore lo dice a settembre 2018 parlando al figlio Francesco Paolo e a Manlio Nicastri, figlio del boss dell'eolico Vito, che seguiva la questione per conto del padre, allora in carcere. L'ex sottosegretario a due mesi e mezzo dalla defenestrazione imposta dal premier Conte e subita da Salvini era appena tornato a farsi vedere in pubblico al fianco del vicepremier per parlare di flat tax quando gli sono piovute addosso le intercettazioni che la procura di Roma ha depositato per l'incidente probatorio in calendario giovedì. E la storia della tangente - per un emendamento mai approvato perché il M5s si mise di traverso (e non a caso Paolo Arata dice a Manlio Nicastri «questi rompono sempre i coglioni») - rischia di essere la cosa meno rilevante da chiarire con i pm romani Paolo Ielo e Mario Palazzi che lo indagano per corruzione e che contano sulle dichiarazioni dei Nicastri, che stanno collaborando. I guai, per il governo soprattutto, come dimostrano le dichiarazioni di Di Maio, potrebbero arrivare dalle altre chiacchiere captate dagli inquirenti. Quelle, per esempio, in cui Arata racconta al figlio di una visita di «Armando» a casa. Si parla di governo, di Di Maio che «vuole le attività produttive», di Salvini che «non sa dove mettere Armando». E Salvini, spiega Arata al figlio «ha chiamato anche casa nostra ieri». E sul punto la Dia di Trapani precisa di non aver registrato conversazioni telefoniche tra Arata e il leader leghista.
Stando dalla documentazione a disposizione degli inquirenti, comunque, Arata si spende tanto per Siri, chiama pure il cardinale Usa Burke, vicino al guru sovranista Steve Bannon, chiedendogli di spingere con Giorgetti per trovare un incarico al futuro sottosegretario e, magari, pure ad Arata junior, che puntava a fare il viceministro alla Farnesina. Addirittura Arata e figlio cercano di sponsorizzare Siri tramite Sergio Mattarella. Vorrebbero arrivarci attraverso l'ambasciatore Usa, su suggerimento dello stesso Siri. Chiedono a Burke di metterli in contatto, ma il religioso non ha alcun rapporto con la feluca.
Nelle sue infinite chiacchiere, Arata sostiene anche di poter «mettere mano al 100% al decreto sulle rinnovabili», e l'informativa della Dia di Trapani ricorda che, di sicuro, è stato Arata a far inserire nel contratto di governo il tema del biometano. Basterà l'incidente probatorio a far svanire le «spiacevoli ombre» prima che si allunghino sul governo?
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