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Dal caso Venezuela alle lobby del tabacco. Quanti sospetti sui soldi ai grillini

Sepolta l'"onestà" sbandierata dai 5 Stelle. Dal Sudamerica 3,5 milioni in una valigia

Dal caso Venezuela alle lobby del tabacco. Quanti sospetti sui soldi ai grillini

«Onestà, onestà, onestà!». Mai slogan sembra essere più fuori luogo di quello dei grillini nel giorno in cui Beppe Grillo, il vate del «vaffa» movimentista trasformato nella forza politica più numerosa in parlamento, viene indagato dalla procura di Milano per traffico di influenze. Un do ut des di cui trattiamo oggi ampiamente ma che non rappresenta nulla di nuovo sotto il sole per il Movimento 5 Stelle. Ne sa qualcosa l'ex capo dell'intelligence di Hugo Chávez, quell'Hugo Armando Carvajal detto «il Pollo» per il suo collo lungo e la testa piccola che però ha un cervello fino ed una memoria da elefante. E che continua a parlare con giudici e mass-media di Spagna, dove è in carcere dallo scorso settembre.

Carvajal è tornato nei giorni scorsi sul tema dei finanziamenti illeciti ai grillini, fornendo maggiori dettagli sull'invio di denaro «a Néstor Kirchner in Argentina, Evo Morales in Bolivia; Lula da Silva in Brasile, Fernando Lugo in Paraguay, Ollanta Humala in Perù, Mel Zelaya in Honduras, Gustavo Petro in Colombia, il Movimento Cinque Stelle in Italia e Podemos in Spagna». Attraverso una lettera indirizzata al portale spagnolo «OK Diario», il generale in pensione ha ironicamente dichiarato che è «curioso che ora nessuno ne sappia niente di quei fondi che hanno aiutato a finanziare illegalmente candidature elettorali e partiti politici oltre a gruppi violenti ed estremisti».

Rinfreschiamo la memoria ai nostri lettori. Era il 2010, Grillo aveva fondato il Movimento 5 stelle da appena un anno. Al consolato del Venezuela di Milano arriva una valigetta diplomatica e, quando la apre, un ignaro addetto militare si trova di fronte a 3,5 milioni di euro in contanti. Visibilmente sorpreso, il funzionario chiede informazioni a Caracas, nella fattispecie al «Pollo», che 11 anni fa era a capo della direzione generale dell'intelligence militare. Dopo essersi consultato con l'oggi presidente Maduro, all'epoca ministro degli Esteri di Chávez, e con Tarek el Aissami, l'uomo degli iraniani a Caracas e che come ministro degli Interni nel 2010 gestiva i «fondi riservati» del regime, Carvajal rispondeva così all'addetto militare: «Abbiamo scoperto che una valigia con 3,5 milioni di euro in contanti è stata effettivamente inviata, lo stesso risulta dalle spese segrete del Paese, gestite dal ministro dell'Interno, Tarek el Aissami, approvato e autorizzato dal ministro degli Esteri, Nicolás Maduro. L'invio avveniva in modo sicuro e segreto attraverso la borsa diplomatica, la destinazione del denaro nella sua interezza è per un cittadino italiano di nome Gianroberto Casaleggio, che è il promotore di un movimento rivoluzionario di sinistra e anticapitalista nella Repubblica italiana».

Qualche giorno fa in Spagna Carvajal ha confermato tutto: «mentre ero direttore dell'intelligence militare e del controspionaggio in Venezuela, ho ricevuto un gran numero di rapporti che indicavano che questi finanziamenti internazionali stavano avvenendo».

Staremo a vedere se la Procura di Milano, che ha già ascoltato lo scorso anno a Madrid il «Pollo», vorrà approfondire il filone italiano delle denunce di Carvajal, che stanno avendo molta ripercussione nei paesi dove i politici amici della dittatura chavista sono stati chiamati in causa.

Difficile non mettere in relazione quanto denunciato da Carvajal con la posizione storicamente a favore di Maduro di Di Maio e Di Stefano e dei 5 Stelle tutti, aria di conflitto di interessi internazionali non proprio in linea con le tradizioni democratiche del nostro Paese dal 1945 in poi. E come dimenticare, sempre nel 2020, lo scandalo della mega consulenza a Philip Morris da 2,4 milioni di euro di Casaleggio, con i grillini che non volevano aumentare le tasse sul tabacco ed il dubbio, anche qui, che ci potesse essere un grosso conflitto d'interessi? Per non dire, infine, di Antonio Di Pietro, il cliente numero uno della Casaleggio Associati, che tra 2005 e 2010 con la sua Italia dei Valori versava nelle casse dell'azienda oltre un milione e mezzo di euro provenienti dai fondi pubblici.

Di Pietro che, per la cronaca, è stato tra i primi a tacciare come «balle» le denunce di Carvajal.

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