Castiglione inguaia Gabrielli E lui è pronto a licenziare Marino

Il sottosegretario indagato scarica le colpe sull'allora capo della Protezione civile: mi diede l'ok su Odevaine. Nel dossier-bomba del prefetto di Roma le prove delle infiltrazioni mafiose

Castiglione inguaia Gabrielli E lui è pronto a licenziare Marino

Rivendica d'aver operato a Mineo in modo «cristallino e trasparente». E, sugli incarichi a Luca Odevaine, scarica su Franco Gabrielli, all'epoca capo della Protezione civile, ricordando che l'attuale prefetto di Roma concesse il nulla osta per la nomina a consulente dell'ex braccio destro di Veltroni poi travolto da «Mafia Capitale».

L'audizione del sottosegretario Giuseppe Castiglione alla Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti, più che un mea culpa sugli errori commessi intorno al Cara di Mineo («nato male, proseguito peggio», riassume il presidente, Gennaro Migliore) diventa per l'esponente Ncd indagato a Catania per turbativa d'asta, proprio per il suo ruolo di «soggetto attuatore» del Cara siciliano, una «straordinaria occasione» per replicare al «processo mediatico» ai suoi danni.

Schivata la sfiducia, con la Camera che ha respinto le tre mozioni di censura presentate contro il sottosegretario Ncd da Lega, M5S e Sel, il politico circoscrive il suo ruolo, rivendica la bontà del lavoro fatto, compresi gli appalti, minimizza i suoi rapporti con le coop bianche che hanno vinto le gare del centro e con Odevaine. Alla pentastellata Vega Colonnese che gli chiede conto dell'intercettazione nella quale Odevaine riferisce di un pranzo con il sottosegretario e una terza persona che era destinata a vincere l'appalto per il Cara, Castiglione replica dicendo che, «conoscendo il mio stile», è probabile che il pranzo ci sia stato. Ma poi esclude «categoricamente che si sia anche solo parlato di gare e di appalti». Sull'ex braccio destro di Veltroni, poi, Castiglione ricorda che prima di Mafia Capitale, nel 2011, era un uomo «i cui rapporti istituzionali e la cui professionalità» erano universalmente riconosciuti, tanto che nessuno chiede conto a Zingaretti, alla Melandri e a Veltroni dei precedenti incarichi affidati a Odevaine. Lui, spiega Castiglione, non poteva insomma avere alcun dubbio sul valore dell'uomo. Che diventò suo consulente al Cara solo grazie al placet di Gabrielli.

«La nomina di Odevaine come consulente al Cara di Mineo la chiesi al commissario delegato, il prefetto Gabrielli appunto. Che mi rispose che “nulla osta da parte del commissario in ordine al conferimento dell'incarico in considerazione dell'importanza e della delicatezza della gestione del centro, della nota professionalità posseduta da Odevaine e della sostanziale gratuità dello stesso”». Così l'uomo a cui toccherà decidere se commissariare o meno il Campidoglio finisce additato come «certificatore» di Odevaine, che per la procura di Roma è il dominus del business degli immigrati, facilitatore di Buzzi e coop varie.

Gabrielli ha replicato definendo quell'atto di assenso «quasi doveroso». Ma proprio dalla decisione del prefetto sul commissariamento di Roma dipende il futuro del braccio di ferro interno al Pd e l'esito della partita che si gioca sul Campidoglio tra i dem e il sindaco Ignazio Marino, tanto isolato dal partito quanto deciso a non fare passi indietro. Il dossier dei tre ispettori conterebbe le prove della «contaminazione» della macchina politico-amministrativa capitolina.

Renzi e il commissario del Pd romano Orfini temporeggiano, rimandando la resa dei conti al dopo-sentenza di Gabrielli che, commissariamento o meno, si annuncia impietosa col Campidoglio. A quel punto il premier potrebbe finalmente avere la testa di Marino “scaricando” su altri la responsabilità.

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