«Ce l'ho con te Charb, testone» Accusa choc all'eroe-simbolo

Lettera dell'ex fondatore di «Charlie» al direttore ucciso a colpi di kalashnikov e non ancora sepolto: «Non dovevi trascinare la tua squadra in questa escalation»

Era Charlie ma non lo è più. E la decisione di averlo fatto sapere al mondo mentre sono in corso i funerali delle vittime ha lasciato mezza Francia sconcertata. Henri Roussel, 80 anni, l'uomo che ha contribuito a portare in edicola la prima copia di Charlie Hebdo nel 1970, si rivolge a Stéphane Charbonnier, il direttore trucidato dai fratelli Kouachi a colpi di kalashnikov e diventato simbolo della libertà di espressione, e gli scrive senza giri di parole: «Ce l'ho davvero con te, Charb. Pace all'anima tua».

È una lettera che lascia la Francia di stucco ma che in realtà dà espressione al sentimento di molti fra quelli che hanno pensato - senza trovare grande spazio su tv e giornali - che l'atteggiamento della testata nei confronti del mondo musulmano fosse un po' troppo ardito e che Charlie peccasse di quella cautela che qualcuno considera un confine legittimo fra la critica e la sfida aperta, addirittura la spavalderia incosciente. «Testone», lo definisce Roussel per dargli più che del testardo. E le sue parole suonano per molti come un attacco irrispettoso, a cadavere caldo, nella giornata in cui si sono svolti i funerali di Bernard Verlhac, in arte Tignous, e di Franck Brinsolaro, la guardia del corpo di Charb che sarà sepolto oggi a Pontoise, nella banlieue parigina.

Roussel, 80 anni ha scritto tutto sull 'Obs , (l'ex Nouvel Observateur , settimanale), con lo pseudonimo che usa da quasi quarant'anni, Delfeil de Ton, consapevole di creare sconcerto: «Dopo essere stato sgradevole per François Hollande, lo sarò con Charb. Charb? Il primo ucciso dagli assassini? Quello che cercavano per nome? Sì, quello. Lo so, non si fa», ammette Roussel. Ma poi spiega: «Sono troppo triste. E quando incontravo Charb, non gli nascondevo quello che pensavo. Lui faceva lo stesso. Era un ragazzo favoloso. Quello che apprezzavo di più era la franchezza. Sarò franco con lui e magari stavolta mi ascolterebbe e sarebbe d'accordo con me questo testone». eccola la frase choc: «Era un testone. Era il capo. Che bisogno aveva di trascinare la squadra in questa escalation?». Infine Roussel ricorda le parole pronunciate da Wolinski, anche lui ucciso il 7 gennaio in redazione, dopo il primo attentato, quello del 2011: «Credo che siamo incoscienti e imbecilli che hanno corso un rischio inutile. Ci crediamo invulnerabili. Da anni facciamo provocazione e poi un giorno la provocazione si ritorce contro di noi. Non bisognava farlo». Così ripete oggi sollevando un gran polverone il fondatore di Charlie Hebdo : «Non bisognava farlo, ma Charb l'ha rifatto, un anno più tardi, nel settembre 2012».

Non c'è pietà per il direttore-eroe. C'è quel «testone» che rimbomba come lo «stupido» già pronunciato da un commentatore del Financial Times ma che fa più male perché arriva, in fondo, da un pezzo di Charlie. C'è molta franchezza e quando partono le critiche Roussel si nega e spiega di aver «rifiutato di parlare alle tv, alle radio, a tutti. Non sono pronto a riaprire di nuovo l'argomento». Chi è pronto invece a stigmatizzare le sue parole e la decisione di pubblicarle è Richard Malka, da oltre vent'anni avvocato di Charlie Hebdo e che ha mandato all'editore del settimanale una lettera al vetriolo: «Charb non è ancora stato sepolto e L'Obs non trova di meglio da fare che pubblicare un pezzo polemico e denigratorio». Non solo. Nella querelle entrano anche gli amici, che non hanno gradito la citazione della frase di Wolinski: «Wolin è sempre rimasto fedele a Charb e si presentava al giornale tutte le settimane».

È una polemica che aggiunge l'amarezza al lutto. E non è la prima volta che le due anime, la vecchia e la nuova di Charlie , si scontrano. La versione del settimanale, quella nata nel '92, non è mai piaciuta a Roussel, che infatti lasciò il giornale con l'arrivo del nuovo proprietario Philippe Val. «Mi annoiavo a morte con lui», disse allora. Quando scoppiò un putiferio per un articolo del disegnatore Siné sul figlio di Sarkozy, Roussel dalle colonne del Nouvel Observateur accusò l'editore di aver trascinato il giornale in una lotta antisemita e islamofoba. Ora la nuova polemica.

Che il direttore dell' Obs Matthieu Croissandeau chiude così: «Abbiamo ricevuto questo testo e, dopo una discussione, ho deciso di pubblicarlo. In un numero sulla libertà d'espressione mi sembrava imbarazzante censurare». Ha forse trovato il modo migliore per onorare Charb.

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