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Il centrodestra "largo" unito al Quirinale. "Prova di compattezza"

Vertice esteso anche ai partiti più piccoli I leader: "No a un Conte ter traballante"

Il centrodestra "largo" unito al Quirinale. "Prova di compattezza"

Il comunicato congiunto del centrodestra, dopo il vertice di ieri pomeriggio, è un piccolo capolavoro di diplomazia. Partiti grandi e piccoli mettono da parte ciò che divide per ottenere il risultato più importante: nota unitaria per chiedere al presidente della Repubblica di essere ricevuti in delegazione comune durante le consultazioni. «No al Conte ter» è la sostanza del comunicato, in cui si chiede che l'Italia abbia in tempi rapidi un governo con una base parlamentare solida, una forte legittimazione e non un esecutivo con una maggioranza raccogliticcia. Non si esclude la possibilità del voto né l'unità nazionale ma ci si affida «alla saggezza del presidente della Repubblica».

Vertice e comunicato unitario non sono cosa da poco, perché al di là delle gag del passato come l'un due tre di Silvio Berlusconi a Matteo Salvini proprio al Quirinale, sottolineano che l'opposizione, pur con i suoi distinguo interni, può contare su una stabilità dei 140 senatori che hanno votato contro la fiducia al governo Conte di martedì scorso. Anche davanti a un'eventuale nascita di un Centro democratico guidato da Bruno Tabacci che sostenesse Conte, resterebbe una realtà che non si può ignorare. L'impegno del centrodestra largo è a votare «tutti i provvedimenti a favore degli italiani, a partire dai ristori e dalla proroga del blocco delle cartelle esattoriali».

Silvio Berlusconi è collegato via Zoom ed è tra coloro che durante la riunione più spinge per mantenere l'unità della coalizione: «Il centrodestra ha dato prova di compattezza». Nella formula finale c'è spazio per il governo di unità nazionale (caldeggiata ancora ieri dallo stesso Cavaliere), che però al momento rimane un'ipotesi, di fronte ai veti incrociati da sinistra ai sovranisti e al no ripetuto di Fdi, che con la sua presidente Giorgia Meloni insiste soprattutto su un punto: «Non c'è alcuna possibilità che alcuni di noi possano sostenere Conte». Insieme con il segretario della Lega, Matteo Salvini, presenti Antonio Tajani di Fi, Paolo Romani di Cambiamo!, Maurizio Lupi di Noi con l'Italia.

Romani durante il vertice è uno dei principali fan dell'esecutivo allargato, fino ad arrivare a un battibecco con la Meloni, decisamente affezionata alla prospettiva del «voto». Romani ne è meno convinto: «Diciamo no al Conte ter, ma di fronte a un'emergenza nazionale c'è bisogno di un governo di unità nazionale, perché sono talmente importanti queste emergenze che ci vuole un governo serio e alto con personalità politiche rinnovate». Il presidente dell'Udc, Antonio De Poli, assicura piena adesione alla linea del no a Conte. Così anche Maurizio Lupi: «Un Conte ter non sarebbe un governo autorevole. O c'è un governo autorevole o l'unica strada sono le elezioni». Possibilista Paola Binetti dell'Udc (che non ha partecipato all'incontro), che non esclude la terza riedizione di Conte: «Quale colore vedrei adesso? Un giallo-bianco oppure un rosso-bianco...».

Tocca al vicesegretario di Forza Italia, Antonio Tajani, sottolineare che l'apertura del suo partito a un'eventuale governo di unità nazionale esclude la cosiddetta «maggioranza Ursula», ovvero gli europeisti italiani che hanno eletto nel luglio scorso la von der Leyen: oltre al Pd (con Iv), Leu e M5s (anticipazione del nuovo governo che sarebbe nato a settembre) e naturalmente i popolari di Forza Italia. Secondo Tajani, insomma, un allargamento della maggioranza a Fi è da escludere.

«O un governo con tutte le forze politiche: l'unità del centrodestra viene prima, per noi un governo di unità nazionale deve raccogliere un consenso rappresentativo di tutta l'Italia».

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