Il centrodestra sfiora il 50%. E la guerra asciuga la sinistra

L'alleanza Lega, Fi e Fdi supera il centrosinistra di quasi 12 punti. Il "campo largo" di Letta è già un flop

Il centrodestra sfiora il 50%. E la guerra asciuga la sinistra

Il campo largo ha la coperta corta e il centrodestra è dato quasi dodici punti avanti al centrosinistra. Lo scoppio della guerra in Ucraina sta mandando in frantumi l'unità, già fragile, dei progressisti. E alla luce delle divisioni su spese militari e alleanze geopolitiche, avanza la coalizione formata da Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia. Lo certifica l'ultimo sondaggio di Tecné per l'agenzia Dire. Secondo l'ultima rilevazione Monitor Italia pubblicata ieri, la somma dei partiti di centrodestra arriva a sfiorare il 50%, attestandosi al 49,9% mentre il campo giallorosso insegue a distanza al 38,2%. Stabili FdI al 21,8% e Fi al 10,7%, leggerissima flessione per il Carroccio al 15,8% che perde lo 0,1% in una settimana. Ma a sinistra il problema non sta solo nei numeri - che restano di molto inferiori a quelli dello schieramento avversario - ma soprattutto nella scomposizione di quello che Enrico Letta definiva «campo largo». Un processo di erosione in corso da mesi, che ha avuto però il suo apice nel nello scontro sull'aumento delle spese militari.

In questi giorni, a picconare sul fronte progressista è Giuseppe Conte, che quando era premier del suo secondo governo aveva riunito intorno a sé Pd e M5s, ispirando i teorici di un'alleanza demogrillina alternativa al centrodestra. La sua polemica sull'incremento delle spese militari ha scavato un solco con il Pd filo-atlantico guidato da Enrico Letta. Complici le sirene di una legge proporzionale e il voto dell'anno prossimo, Conte ha cominciato a cercare uno spazio negli elettori orfani del pacifismo di sinistra. Pur senza provocare una crisi di governo, l'avvocato di Volturara ha pressato Draghi e i suoi (ex) alleati dem, fino a costringere il ministro della difesa Lorenzo Guerini a diluire l'incremento del budget per la difesa al 2% del Pil fino al 2028. Nonostante il mezzo punto messo a segno, il leader Cinque Stelle è arrivato a dire al Pd: «pretendo rispetto, non siamo la vostra succursale». E ancora ieri, in un post su Facebook sulla fine dell'emergenza Covid: «Credo che l'unica corsa al riarmo da fare sia quella per potenziare il nostro sistema sanitario».

Al Nazareno l'atteggiamento di Conte è visto come un problema, perché il Movimento dovrebbe essere una componente imprescindibile del campo largo, ma c'è chi intravede delle opportunità. Soprattutto in ottica di un ritorno a una legge elettorale proporzionale e alla luce del probabile ridimensionamento dei Cinque Stelle dopo le urne del 2023. Nel M5s è pronto ad abbattersi anche il ciclone Davide Casaleggio. Il figlio del cofondatore Gianroberto in un'intervista al Corriere della Sera non esclude la nascita di un nuovo partito. «Un nuovo M5s? La partecipazione e la cittadinanza digitale rimarranno sempre al centro dei miei interessi, come questo si concretizzerà lo vedremo nei prossimi mesi, il Movimento che abbiamo conosciuto non esiste più», dice Casaleggio. E alla finestra c'è Alessandro Di Battista, che mantiene buoni rapporti sia con Conte sia con Casaleggio. Ma la guerra ha polverizzato anche ciò che rimaneva a sinistra del Pd. Articolo 1 guidato da Roberto Speranza è pronto a tornare a casa. L'altra componente di LeU, Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni, guarda ai Verdi, a ManifestA di Luigi De Magistris e a Rifondazione e Potere al Popolo, schierati sul pacifismo ortodosso e anti Nato.

Fiato per le trombe di Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda, che insieme a +Europa pressano dal centro il Pd. Secondo Tecnè i tre partiti valgono il 7,3% e dettano l'aut aut al segretario Letta: «O noi o Conte».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica