Roma Come quasi tutte le storie che fanno molto ridere, anche questa ha un risvolto umano doloroso. Ve li ricordate i diciassette ministri presentati con gran fanfara da Luigi Di Maio prima del voto, e notificati al Quirinale via email in carta bollata? La scena fu indimenticabile: i magnifici diciassette (sconosciuti ai più) vestiti a festa e con sorrisi a 64 denti, attorno al loro premier in pectore che ne declamava titoli e curricula e avvertiva: «Saranno tutti operativi dal 5 marzo».
Siamo al 5 maggio, e dei malcapitati si è persa ogni memoria, fatta eccezione per alcuni aneddoti esilaranti. C'era l'aspirante titolare della Pubblica Istruzione Salvatore Giuliano che - si scoprì dopo la «nomina» - era stato un fan di Matteo Renzi e della sua Buona Scuola. C'era la futuribile inquilina del Viminale, la truccatissima criminologa Paola Giannetakis, che - ops - aveva firmato appelli per il sì al referendum renziano. C'era Lorenzo Fioramonti, professore in quel di Pretoria e destinato allo Sviluppo Economico, che in tv spiegava di voler risanare i bilanci dello Stato eliminando «l'ufficio che si occupa delle ristrutturazioni degli uffici dei presidenti della Camera e del Senato».
Il risvolto doloroso sta però nel fatto che i diciassette ci avevano creduto. Tanto che, sui cellulari di alcuni di loro, esistevano chat whatsapp dedicate dal titolo assai chiaro: istituzionale ma ottimistica la prima («Governo 2018-2023»), nella quale presumibilmente si discutevano con il premier Gigino i primi provvedimenti da prendere e ripartizione delle deleghe. La seconda più informale, e piena di entusiasmo: «Let's rule Italy». Un po' come dire: «Andiamo a comandare». Chat riservate, ovviamente, ma che attendibili testimoni hanno avuto modo di sbirciare mentre erano ancora in piena attività, sui telefonini di alcuni «ministri» che scambiavano frenetici messaggi. Oggi, probabilmente, le chat sono in disarmo, un po' come l'aspirante premier. «Ora siamo derisi, ma domani rideremo noi», disse quel giorno Di Maio.
Non è andata esattamente così. E il docente bocconiano Fausto Panunzi chiosa perfido su Twitter: «Un pensiero commosso per i colleghi economisti che si erano prestati a entrare nel governo 5 stelle e che avevano creato la chat Let's rule Italy».
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