Che ipocrisia, il coccobello piacere per tutti

Che ipocrisia, il coccobello piacere per tutti

Scagli la prima pietra, anzi il primo pugno di sabbia o la prima ciabatta, chi non si è mai intrattenuto a mercanteggiare con un vu cumprà fra le spiagge della Penisola. Non credo di correre il rischio di morire lapidato sotto una gragnuola di infradito. Perché quel gesto, seppur innocentemente banditesco, almeno una volta nella vita lo abbiamo fatto tutti.

Certo, se la battigia diventa come la Medina di Marrakech nell'ora di punta evidentemente significa che il limite è stato oltrepassato. Tuttavia quel lieve mercanteggiare all'ombra sbandierante degli ombrelloni ha un suo fascino. Il fascino levantino della trattativa innanzitutto, ma anche la smania, tutta occidentale, dello shopping compulsivo pure nei posti più innaturali proprio perché immersi nella natura. E poi quante volte vi siete dimenticati le ciabatte, l'asciugamano e il pareo e vi ha salvato, all'ultima spiaggia, un venditore ambulante?

I vu cumprà compaiono dal nulla, ad ampie falcate, schiacciati sotto il peso del loro tesoretto che spazia in tutti i generi merceologici. Si va dall'immancabile venditore di cocco - che poi non si capisce perché il cocco debba sempre essere bello e il rispettivo venditore sbraitante - a chi dispensa bibite a prezzi esorbitanti, perché qui non vigono le leggi del mercato ma solo quelle della necessità. E se hai sete sei disposto a sborsare qualunque cifra. Ma il vu cumprà si è evoluto e oltre a vendere oggetti etnici, monili, occhiali da sole ricavati da plastiche di scarto in grado di polverizzare la cornea, ora spaccia anche ammennicoli tecnologici di ogni genere. E se non è vu cumprà è vu massaggià.

E non ve lo volete fare un massaggino rilassante dopo una dura giornata di vacanza? Insomma l'ambulante sta alla spiaggia come l'autogrill all'autostrada: non è il massimo della vita, ma molto spesso ci aiuta a vivere un po' più comodamente. Limitarli è giusto, metterli al bando è esagerato.

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