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Chi conosce Matteo ora lo evita Ecco tutti i pentiti del renzismo

Da Chiamparino alla Orlandi, da Emiliano a Della Valle: quante amicizie frantumate

Chi conosce Matteo ora lo evita Ecco tutti i pentiti del renzismo

Prima o poi li frega tutti, più prima che poi. Stavano sereni prima di finire sulla rotta di collisione col caterpillar Renzi, scambiato per un amico di cui fidarsi. Errore fatale. L'ultimo pentito in ordine cronologico è il governatore piemontese Sergio Chiamparino. Fino a poco tempo fa erano una coppia affiatata, sbocciata alla Leopolda e piena di complimenti recriproci («Grazie a Matteo riprenderò la tessera del Pd», «Il “Chiampa” è stato un modello per tutti noi sindaci»), Renzi lo sponsorizzò persino per il Quirinale prima di tirargli la volata in Regione Piemonte. Ora Chiamparino, offeso per i tweet di Renzi sugli sprechi delle regioni e i tagli della Legge di Stabilità, lamenta di non avere più contatti con Renzi, solo qualche raro sms di circostanza, come con le ex fidanzate. Una love story politica forse finita, col pentimento.

Altra probabile pentita è la (ex?) renziana Rossella Orlandi, la direttrice dell'Agenzia delle entrate, salita in persona sul palco della Leopolda 2014 esibendo una grande confidenza col premier, tra un «come Matteo vi ha appena detto» e fragorosi applausi. L'armonia tra i due si è già incrinata, da quando la Orlandi ha iniziato a esprimere dubbi su alcune mosse in materia fiscale del governo, criticate pubblicamente da Lady Fisco come, ultima, l'innalzamento della soglia per il contante («Così l'Agenzia delle entrate rischia di morire» ha tuonato lei). É stata la goccia finale: Renzi ormai la considera troppo in cerca di visibilità, invadente, potenzialmente dannosa per l'immagine dell'esecutivo facendolo apparire «amico» degli evasori fiscali, ed è pronto a sostituirla appena alla prima occasione utile.

Altro renziano in odore di pentimento è il presidente pugliese Michele Emiliano. E pensare che era infatuato come pochi: «Non ho mai amato così un leader del Pd, non vedo l'ora di abbracciarlo quando arriverà qui a Bari per inaugurare la Fiera del levante» disse il governatore pugliese, col cuore in mano. Peccato che Renzi a inaugurare la sua Fiera non ci andò, preferendo il volo di Stato per la finale dello Us Open a New York. Non sarà certo per quello, ma forse anche, eppure anche per quella coppia i bei tempi sembrano andati. L'amore per il leader ha lasciato il posto alle recriminazioni. Dai commissari scelti da Palazzo Chigi per l'Ilva di Taranto («Saranno pure supermanager, ma cosa hanno a vedere con un settore strategico come l'acciaio? L'Ilva con la gestione commissariale perde 50 milioni al mese»), alla questione meridionale («Al premier parlare di Sud non piace») alle prove di forza personali («Renzi è convinto che io voglia danneggiare la sua leadership. Questa storia mi ha un po' stancato. Recita la parte del lupo che avverte l'agnello. Ma io non sono un agnello...»), anche il renzismo di Emiliano sembra scolorato nel pentimento.

Altro superpentito è l'imprenditore Diego Della Valle, grande sponsor e padrino dell'ascesa di Renzi quando era solo un sindaco, suo compagno di tifo viola in tribuina vip a Firenze, finchè Renzi non diventa premier e inizia a flirtare con Marchionne, detestato da Della Valle. Che cambia drasticamente opinione su suo pupillo («Pensavo fosse una risorsa ma sta diventando un pericolo», «non ha mai lavorato quindi non può parlare di lavoro») fino a convincersi della necessità, per salvare l'Italia dal renzismo divenuto una sciagura dopo essere stato una promessa, di fondare l'associazione politica «Noi Italiani» («ma non è un partito» assicura Della Valle.

La soluzione prevista dal leader per i suoi ex può essere anche la promozione ( ut amoveatur ). Come per Giorgio Gori, suo ex spin doctor divenuto indigesto perchè troppo visibile e spedito a Bergamo, dov'è sindaco. Ripescato, come viceministro degli Esteri e poi raccomandato all'Eni è stato Lapo Pistelli, il primo dei fregati da Renzi, partito come suo portaborse. E poi Civati, e poi Prodi, e poi..

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