Chiesti 24 anni per il ceceno che uccise Niccolò "Calcio studiato, Bissoultanov voleva uccidere"

Il ventunenne fiorentino fu ucciso fuori dalla discoteca di Lloret nel 2017

Chiesti 24 anni per il ceceno che uccise Niccolò "Calcio studiato, Bissoultanov voleva uccidere"

Massimo della pena per il killer di Niccolò Ciatti. Il pubblico ministero chiede 24 anni di carcere per omicidio volontario, 9 in libertà vigilata, per Rassoul Bissoultanov, il lottatore ceceno di 26 anni che con un calcio alla testa uccise in una discoteca di Lloret de Mar, Costa Brava, il 22enne di Scandicci in vacanza con gli amici in Spagna. «Dobbiamo giustizia alla famiglia Ciatti - ha detto il pm al termine dell'arringa - con una condanna giusta e responsabile». Fu omicidio preterintenzionale, invece, per la difesa, ovvero una pena massima di 4 anni. «Non pensavo che con un calcio si potesse morire. Sono andato nel panico», le parole dell'omicida davanti alla Giuria popolare del Tribunale di Girona, in Catalogna, al termine delle tre udienze del processo sulla morte assurda del giovane toscano. «Assassini, assassini», urla il papà della vittima, Luigi Ciatti, ai due imputati, Bissoultanov e l'amico ceceno Movsar Magomadov che, secondo le parti civili, avrebbe concorso all'aggressione mentre per il pm Victor Pillado, avrebbe assistito al drammatico pestaggio senza però intervenire.

Una lunga e dura requisitoria quella di Pillado contro il principale accusato presente in aula contrariamente alle aspettative. Secondo la legge iberica, infatti, un processo non può essere celebrato in caso di assenza dello stesso imputato. La linea della pubblica accusa coincide con le richieste dei familiari del 21enne picchiato a morte davanti a decine di testimoni impassibili. C'era chi, quella notte maledetta, riprendeva la scena del linciaggio per postarla sui social, come un ragazzo olandese il cui video viene ammesso in aula come prova. Nessuno, a partire dagli addetti alla sicurezza, intervenne per salvare Niccolò.

È il 12 agosto del 2017 quando tre giovani ceceni, palestrati ed esperti di lotta e arti marziali, entrano al St Trop. Sono le 2,27. Alle 2,51 i tre energumeni spintonano senza motivo Niccolò. Il ragazzo cade a terra, chiede aiuto. Per tutta risposta Bissoultanov prende la mira e gli sferra un calcio laterale alla testa. Un colpo ben studiato, che non si improvvisa «come potrebbe essere quello dato a un pallone, ma una mossa inferta con la massima forza», spiegano a processo i poliziotti della omicidi spagnola che hanno condotto le indagini. «Il corpo dell'aggressore - continuano i poliziotti riferendosi alle immagini - è saldo e ben in equilibrio, da vero esperto, per dare il colpo letale». Niccolò muore per emorragia cerebrale. Una vicenda giudiziaria paradossale. Arrestati, i tre ceceni vengono scarcerati per decorrenza dei termini: dopo 4 anni la giustizia spagnola non ha avviato il processo. Con la scusa di tornare in Francia, dove risiede, per dei documenti, Bissoultanov scompare. Verrà catturato in Germania ed estradato in Italia. Il 26enne resta in carcere a Rebibbia fino al 29 dicembre scorso quando per un vizio di forma la Corte di Assise di Roma lo rimette in libertà. L'imputato non era in Italia quando è stata firmata l'ordinanza di custodia cautelare.

Alla prima udienza, fissata al 18 gennaio, Bissoultanov non c'è. «Non ho fiducia nella giustizia italiana», dichiara. Ma a fare la differenza è la pena massima prevista nei due Paesi per omicidio volontario: 24 anni in Spagna, ergastolo in Italia.

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