Le chiusure domenicali? Una sciagura: valgono 400 milioni di stipendi in meno

Il dirigismo di Di Maio farà perdere ben 24,5 milioni di ore lavorate Comitas pronto a ricorrere alla Consulta, ma Confesercenti apre

Le chiusure domenicali? Una sciagura: valgono 400 milioni di stipendi in meno

Roma - Le chiusure domenicali forzate sarebbero un dramma sia per il commercio che per gli altri settori produttivi. È quanto hanno ricordato il Consorzio Fee e New Asgi, associazioni che rappresentano il mondo dell'amusement italiano e del gioco senza vincite in denaro, in una lettera aperta nella quale si ricorda che in Italia più di 300mila persone lavorano la domenica, così come 3,4 milioni di dipendenti (il 20% del totale) dei quali 2,2 milioni nei servizi non essenziali. Il decreto minacciato dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, determinerebbe la perdita di 24,5 milioni di ore lavorate e di 400 milioni di maggiori stipendi all'anno, equivalenti a 16mila posti di lavoro. I redditi prodotti di domenica forniscono un sostegno ai consumi del 2% per i beni non alimentari e dell'1% per quelli alimentari

«Circa 19,5 milioni di persone fanno acquisti la domenica (75% dei responsabili acquisti in famiglia) e per il 58% dei cittadini (15 milioni) acquistare la domenica è ormai un'abitudine», ricordano Alessandro Lama (vicepresidente Fee) e Vanni Ferro (segretario New Asgi) rimarcando come «la crescita dell'e-commerce, un settore non sottoposto ad alcun vincolo e senza regolamentazione, ha creato notevoli problematiche al commercio tradizionale». Al contrario, le aperture domenicali hanno creato pochi problemi al commercio tradizionale in quanto la riduzione dei punti vendita tra 2012 e 2017 è stata solo dell'1,4%, secondo i dati dell'Osservato del ministero dello Sviluppo economico.

La lettera aperta delle due associazioni è indirizzata proprio a Confesercenti che sembra aver assunto una posizione dialogante con l'esecutivo. Ieri, infatti, il presidente della confederazione, patrizia De Luise, ha inviato una lettera ai segretari dei principali partiti invitandoli a riflettere sull'opportunità di restituire alle Regioni le competenze sulle aperture domenicali (che il decreto salva-Italia ha assegnato allo Stato). «Le zuffe non servono: quello che è necessario è un confronto sereno per arrivare ad una norma condivisa e sostenibile», ha scritto De Luise mettendo in evidenza che negli ultimi anni sono stati persi circa 60mila posti di lavoro tra titolari e dipendenti dei negozi che hanno chiuso. «Per essere competitivi con l'e-commerce non si deve arrivare alla follia di aprire anche la notte: servono regole chiare e che tutelino prima di tutto le imprese più deboli», ha concluso ribadendo che le aperture domenicali servono solo se «producono valore».

Ancora più accorato l'appello del presidente di Confimprese, Mario Resca. «La domenica vale il 20% del fatturato della settimana e il sabato il 25. E ancora parliamo di chiudere i negozi?», ha rimarcato affermando che «la misura che si discuterà domani alla Camera è antistorica e porta il Paese a una drammatica recessione dei consumi, al calo dell'occupazione e a una sempre minore attrattività agli occhi degli investitori stranieri». Anche tenendo aperti i negozi nelle città turistiche, «sono comunque a rischio 150mila posti di lavoro», ha concluso Resca.

Sul piede di guerra Comitas, l'associazione delle microimprese italiane, pronta ad adire le vie legali contro il governo se saranno vietate le aperture domenicali dei negozi. «Si tratta di un provvedimento palesemente iniquo e discriminatorio, che se varato sarà subito impugnato davanti la giustizia allo scopo di portarlo in Corte Costituzionale», ha spiegato il presidente Comitas, Francesco Tamburella, puntualizzando che «negli ultimi 10 anni il commercio tradizionale ha subito un tracollo delle vendite del -17%, a tutto vantaggio dell'e-commerce che solo nel 2017 ha registrato in Italia un giro d'affari che sfiora i 24 miliardi di euro».

Vietare le aperture domenicali dei negozi, una buona fetta dei quali concentra il proprio business proprio nei giorni festivi grazie ad un maggior numero di consumatori per le vie dello shopping, «equivale a favorire i giganti dell'e-commerce», ha concluso.

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