Cibo buttato per 12 miliardi Arriva una legge anti-spreco

Incentivate donazione e corretta lettura dell'etichetta Solo le famiglie gettano 8 miliardi di alimenti l'anno

Massimo MalpicaRoma Il cibo che in Italia resta invenduto sugli scaffali di alimentari e supermercati per poi finire buttato basterebbe a sfamare, per un anno, l'intera popolazione del Montenegro, seicentomila persone.Un dato che fa riflettere sul danno che provocano in tutto il mondo gli sprechi alimentari. Per contenerli, è da ieri all'esame dell'Aula della Camera la proposta di legge «antispreco» (che oltre ai prodotti alimentari si occupa anche dei farmaci) presentata dalla parlamentare dem Maria Chiara Gadda. Lo scopo della nuova normativa è la riduzione degli sprechi lungo tutta la filiera, spingendo perché le eccedenze alimentari vengano recuperare, in particolare attraverso la donazione, che la nuova legge incentiva (con sconti sulla tassa dei rifiuti per chi dona) e semplifica. La pdl cerca inoltre di chiarire ai consumatori i «confini» di utilizzo degli alimenti, mettendo nero su bianco che il termine minimo di conservazione (indicato sulle confezioni come «da consumarsi preferibilmente entro») non è la stessa cosa della scadenza, e anche superata la data indicata il prodotto resta commestibile.Ad accertarsi che il recupero delle eccedenze alimentari «scartate dalla catena agroalimentare» per scadenza ravvicinata o problemi estetici avvenga in maniera corretta e gratuita (e finalizzata ad aiutare persone indigenti) provvederà un tavolo di coordinamento permanente al ministero dell'Agricoltura. Che si occuperà anche di proporre progetti e studi «anti-spreco» (finanziati da un apposito fondo al Mipaf con una dotazione annua di un milione di euro per il triennio 2016-18). Il fenomeno degli sprechi è globale, e secondo la Fao il valore economico del cibo che finisce buttato a livello mondiale è di circa 1.000 miliardi di euro l'anno, ai quali vanno aggiunti, sempre secondo lo studio dell'agenzia delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, altri 1.600 miliardi di euro di costi ambientali (700 miliardi) e sociali (900 miliardi). Naturalmente si spreca di più (56 per cento del totale) nei Paesi sviluppati, e nel solo Vecchio continente nel 2010 sono andati in fumo 89 milioni di tonnellate di cibo. E il trend è in crescita, se la commissione Europea stima che nel 2014 100 milioni di tonnellate di cibo siano finite nel cassonetto. Le famiglie sono le prime «responsabili», spedendo in discarica il 42 per cento degli sprechi totali, seguite dall'industria alimentare (39 per cento), dalla ristorazione (14 per cento) e dalla distribuzione (5 per cento). Quanto all'Italia, da noi lo spreco alimentare complessivo pesa per 12,5 miliardi secondo Coldiretti, che plaude l'arrivo della legge. Solo nelle case degli italiani si buttano cibi per un valore stimato di 8,4 miliardi di euro l'anno, secondo il rapporto 2015 di Waste Watcher, l'osservatorio sugli sprechi alimentari delle famiglie italiane, prodotto da Last Minute Market e curato da Swg. In pratica, in ogni casa si buttano nel cestino, in media, quasi sette euro a settimana, soprattutto come effetto di una spesa spesso sovradimensionata e della successiva cattiva conservazione degli alimenti deperibili. Il bello è che non ce ne accorgiamo, visto che il 56 per cento del campione intervistato per l'ultimo rapporto ritiene di buttare via una quantità «piccola» o «moderata» di cibo. Percezione errata, insomma, anche se i «consapevoli» sono in aumento.

Di certo il fenomeno è quasi un sacrilegio, tanto più in un momento di crisi economica, nel quale il numero di quanti hanno bisogno di assistenza per riuscire a mangiare continua ad aumentare: a gennaio 2013, secondo i dati dell'Agea, gli italiani che avevano fatto ricorso al sistema di distribuzione degli alimenti agli indigenti era superiore ai 4 milioni.

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