Cronache

Città blindate, botte a Milano Liberi i picchiatori di Palermo

I centri sociali tentano il blitz al comizio di Casa Pound Già scarcerati gli aggressori del dirigente di Forza Nuova

Città blindate, botte a Milano Liberi i picchiatori di Palermo

La guerriglia non c'è stata. Eccezion fatta per tafferugli di entità più che modesta a Milano, la giornata campale dell'ordine pubblico prevista per ieri, con le forze dell'ordine chiamate a uno sforzo straordinario, scivola via nella tranquillità più totale. Tra Milano, Roma e Palermo il vasto fronte della sinistra moderata ed estrema aveva chiamato alla mobilitazione contro fascismo, razzismo, sfruttamento e altre parole d'ordine. A Milano e Palermo le iniziative avevano un bersaglio preciso: le manifestazioni elettorali di Casa Pound e di Forza Nuova indette nei due capoluoghi. «Fuori i fascisti dlale città», era lo slogan. Ma nè a Milano nè a Palermo gli opposti fronti sono venuti a contatto. Ed i comizi - a dire il vero tristanzuoli e poco accorsati - dell'ultradestra hanno potuto iniziare e finire senza incidenti.

Merito sicuramente dei dispositivi di sicurezza messi in atto nelle tre città. Ma è stata anche palpabile la rinuncia della galassia no global e antagonista a scendere in campo in forze. In piazza non si sono visti né black bloc né tute bianche. I processi decisionali dell'universo ultrà sono in larga parte imperscrutabili e così pure le logiche. Ma il dato positivo è che nella giornata di ieri i violenti non hanno saputo o voluto andare allo scontro.

A Milano a misurarsi con le forze dell'ordine è stato un gruppetto di esponenti dei centri sociali (i ben noti Cantiere, Lambretta e Zam) che in via Volta ha cercato di anticipare i tempi del breve corteo che la Questura aveva autorizzato. Partendo troppo presto, gli antagonisti si sarebbero avvicinati pericolosamente al comizio di Casa Pound in corso davanti al Castello Sforzesco. Così i reparti della Celere hanno bloccato la partenza, sono volati da una parte fumogeni, dall'altra lacrimogeni e manganellate. Né morti né feriti. Intanto il rigurgito fascista si concretizzava nel comizio - davanti a duecento persone scarse - del candidato premier di Casa Pound, Simone Di Stefano: uno che più del Ventennio sembrava rimpiangere i tempi del Caf, «quando l'Italia era il quarto Paese industriale e i salari venivano adeguati all'inflazione».

I timori della vigilia non erano campati in aria. La sequenza di episodi di violenza che ha contrassegnato gli ultimi giorni di campagna elettorale, gli appelli alla cosiddetta «autodifesa» lanciati sui siti dell'ultrasinistra, e i segnali precisi di mobilitazione colti in ambienti vicini ai black bloc inducevano al pessimismo soprattutto per la situazione romana. Invece la calata dei barbari è rinviata alla prossima occasione. A venire tenuta d'occhio era in particolare la manifestazione all'Esquilino dei sindacati di base, spesso utilizzati come copertura dai gruppi più violenti. Per impedire l'accesso nella Capitale di esponenti antagonisti era stato disposto un anello di sicurezza sui punti d'accesso al centro, ma non è stato necessario rispedire a casa nessuno.

Tensione sotto controllo anche a Palermo, dove pure la giornata era stata segnata da una decisione della Procura che qualche reazione negativa poteva innescarla: sono già tornati liberi i due esponenti dei centri sociali arrestati per la aggressione al leader cittadino di Forza Nuova, Massimo Ursino, aggredito da una squadraccia, legato con lo scotch e pestato. A fronte della modesta prognosi, il pm ha deciso di derubricare l'accusa di tentato omicidio a quella di lesioni gravi.

E i due picchiatori, Gianmarco Codraro e Carlo Mancuso, sono usciti.

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