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In coda per l'ultimo numero dell'Apple Daily. Pechino chiude la "voce libera" di Hong Kong

"Ho comprato 12 copie. Cosa ne farò? Le regalerò a chi non ha la possibilità di leggere un giornale, perché la democrazia è un bene collettivo"

In coda per l'ultimo numero dell'Apple Daily. Pechino chiude la "voce libera" di Hong Kong

«Ho comprato 12 copie. Cosa ne farò? Le regalerò a chi non ha la possibilità di leggere un giornale, perché la democrazia è un bene collettivo». Neppure la pioggia ha scoraggiato il 32enne Sun Wong Kit, intervistato da Rthk, così come migliaia di abitanti di Hong Kong che ieri hanno voluto salutare l'ultima edizione dell'Apple Daily con code composte e chilometriche alle edicole. Il giornale, stretto nella morsa della censura cinese, ha deciso infatti di interrompere le sue pubblicazioni dopo 26 anni di critica dura e costruttiva contro il governo e le ingerenze di Pechino. «L'Apple Daily è morto - ha scritto il vice direttore del giornale Chan Pui-man in un messaggio di addio ai lettori - la libertà di stampa è diventata vittima della tirannia». Il tabloid ha deciso di uscire di scena con stile e una tiratura record di un milione di copie che sono state letteralmente polverizzate. Era già accaduto qualcosa di simile lo scorso 18 giugno, il giorno dopo il blitz della polizia in redazione con l'arresto di cinque tra giornalisti e manager. I lettori avevano risposto cannibalizzando le 500mila copie distribuite. Ieri i numeri sono raddoppiati, così come la rabbia degli abitanti che vedono sparire l'ultima voce libera dell'ex colonia britannica.

I vertici del giornale hanno lasciato intendere comunque che l'Apple Daily potrebbe sopravvivere in qualche modo attraverso la versione online, nella speranza che Pechino, che ha già congelato i 2,5 milioni di dollari di fondi della testata, non metta in atto un nuovo colpo gobbo, oscurando la piattaforma. Al momento il sito non viene aggiornato e nella homepage trovano spazio i ringraziamenti a lettori e sponsor e gli orari d'ufficio per evadere le richieste di rimborso degli abbonati. Non è comunque un addio, perché il testo si conclude con un «arrivederci» benaugurante. Tutto questo mentre alcune centinaia di persone hanno tentato di raggiungere la sede della redazione nel quartiere Tseung Kwan O, ma sono state disperse dall'intervento delle forze dell'ordine armate di idranti. E mentre l'Ue con un comunicato ha criticato l'atteggiamento di Pechino, accusando la Cina di «minare gravemente la libertà e il pluralismo dei media, che sono essenziali per qualsiasi società aperta e democratica», il presidente dell'associazione dei giornalisti di Hong Kong, Ronson Chan, teme l'autocensura dei suoi colleghi: «Siamo tutti spaventati. Da adesso in avanti è probabile che soffocheremo il vero ed essenziale spirito critico».

Il presidente Usa Joe Biden parla di «giorno triste per la libertà dei media». Pechino plaude al tramonto del tabloid. L'ambasciatore cinese in Italia Li Jinhua in un'intervista ad Adnkronos liquida la questione dei diritti umani: «Standard altissimi, i migliori giudizi sono quelli espressi dai suoi stessi cittadini piuttosto che dagli altri Paesi a proprio piacimento».

Sull'edizione di giovedì del Global Times, il quotidiano popolare del Partito Comunista, il direttore Hu Xijin ha definito la pubblicazione «secessionista», sostenendo che «tutti i diritti e la libertà, compresa quella di stampa, non possono andare oltre gli interessi della sicurezza nazionale».

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