Tra code e dispenser, in chiesa come in aeroporto

Ieri prime messe con il pubblico e il Papa, nel saluto da San Pietro, trova i suoi fedeli

Tra code e dispenser, in chiesa come in aeroporto

Le campane suonano a festa, le messe si moltiplicano, tante sono all'aperto. Per molti sacerdoti è la Pasqua. Le celebrazioni sono nuovamente aperte al popolo da lunedì 18 maggio, ma ieri è stata la prima domenica con messe partecipate massicciamente da fedeli. Messe nel rigoroso rispetto delle misure e delle indicazioni sanitarie. «Va bene lo streaming, va bene internet, va bene facebook, ma le messe dal vivo sono un'altra cosa dice un parroco di Roma l'amore per Dio è dal vivo». «Buona Pasqua, oggi per noi è Pasqua, dopo 70 giorni di digiuno eucaristico», gli fa eco un altro sacerdote.

I volontari accolgono i fedeli all'ingresso delle porte, rigorosamente aperte per far arieggiare l'ambiente. Gel igienizzante prima di sedersi nei posti segnati: due per banco, a scacchiera, per mantenere le distanze di un metro l'uno dall'altro. Mascherine obbligatorie, guanti facoltativi. L'acquasantiera è vuota, l'atmosfera è surreale. Niente strette di mano, la gente si saluta con lo sguardo, con un sorriso coperto dalla mascherina.

Il sacerdote non pronuncia la frase «Scambiatevi un segno di pace»: il momento viene saltato, resta solo un cenno con la testa. Poi arriva il momento più delicato, quello della comunione. Il celebrante fornisce le indicazioni da seguire: si rimane a posto oppure si segue il percorso obbligato segnato a terra, si tolgono i guanti per chi le indossava e si riceve l'ostia sul palmo della mano. Poi si abbassa la mascherina e si prende il corpo di Cristo, dopo essersi allontanati dal sacerdote che, prima di distribuire l'eucarestia, si igienizza rigorosamente le mani.

Niente offerte; nessun volontario passa tra i banchi della chiesa per l'elemosina. «Sarà una grossa perdita per tutte le nostre parrocchie», dice un sacerdote. «Noi abbiamo messo una cesta all'uscita della chiesa e chi vuole può contribuire alle nostre spese, che in questo tempo di coronavirus sono aumentate».

Il numero dei partecipanti alla messa è, ovviamente, limitato. Un massimo di 150-200 fedeli per le chiese più grandi.

E c'è anche chi la messa la celebra all'aperto, per consentire una maggiore partecipazione. Come al Santuario del Giuncheto, a San Polo, piccola frazione alle porte di Arezzo. «Ieri mattina eravamo una cinquantina racconta uno dei volontari del Santuario è stato un bel momento comunitario, di festa. Contenti di poter riprendere le celebrazioni». O alla Garbatella, a Roma, dove si comincia con un bell'applauso. «Chi ha mancato la messa in questo lockdown non ha fatto peccato, perché il precetto era sospeso», spiega il parroco. Anche a Firenze la messa si celebra all'aperto, sul sagrato di Santa Croce è padre Bocci a presiedere. A Milano c'è anche chi misura la temperatura all'ingresso (non è obbligatorio per le chiese), come nella Basilica di San Babila. E al termine della messa, subito i volontari in azione per sanificare l'ambiente. Prima dell'inizio di una nuova messa. È tornata a ravvivarsi anche San Pietro, con il Papa che si è affacciato per salutare i fedeli.

Francesco lo aveva già fatto durante questo periodo di lockdown, in una piazza vuota. Ieri decine di pellegrini si sono radunati nella piazza, ben a distanza. Le misure da osservare non sono poche, ma per i fedeli tornare a messa è pur sempre una festa.

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