Roma Il governo vuole cambiare il codice degli appalti. Ma le certezze si fermano all'intenzione. Su come e quando è giallo. E soprattutto dal governo arrivano notizie in parte discordanti.
Fino alla settimana scorsa sembrava che le prime modifiche al codice varato dai governi del Pd potessero arrivare già in questi giorni all'interno di un decreto battezzato «Semplificazioni». Lo stesso Raffaele Cantone, il capo dell'Anac che nelle intenzioni del governo andrebbe depotenziata, aveva riferito che circolava questa voce. Poi era arrivato l'annuncio che il dl Semplificazioni sarebbe slittato. In un primo tempo si era parlato di un esame in Consiglio dei ministri fissato per ieri, ma alla fine anche questo appuntamento è saltato.
Eppure, lo stesso Matteo Salvini sabato dal palco della manifestazione leghista in piazza del Popolo si è spinto a dire che il codice degli appalti «è da medioevo» e che lo «abbiamo riscritto pagina per pagina: chi ha una azienda deve dedicare il proprio tempo a innovare e produrre, non a compilare moduli». Tutto pronto, dunque? Sembra proprio di no, visto che ieri il premier Giuseppe Conte ha annunciato un percorso decisamente diverso: «Nei prossimi giorni presenteremo una legge delega per riformare il codice degli appalti». Dunque una legge delega, che ha tempi molto più lunghi, e non un decreto.
Il traguardo pare allontanarsi.
Dipenderà forse dal fatto che, pur criticando il codice degli appalti, molte categorie produttive hanno già espresso una valanga di dubbi sulle modifiche proposte, dal ritorno all'appalto al massimo ribasso all'innalzamento da 1 a 2,5 milioni del tetto massimo per le gare a trattativa privata.
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