Roma - È la linea Tria. Ma anche Conte - Mattarella. L'ala moderata dell'esecutivo, che comprende i ministeri chiave dell'Economia e degli Esteri oltre al Presidente del Consiglio, si è materializzata nel primo passo importante di Politica economica del governo. La risoluzione di maggioranza al Def non è vincolante e di solito diventa il ricettacolo di tutte le richieste dei partiti che sostengono i governi. Comprese quelle stravaganti. La prima risoluzione dei giallo verdi è invece un capolavoro di equilibrio e diplomazia.
Se il Documento di economia e finanza varato dal ministro Pier Carlo Padoan del governo Gentiloni incorporava la correzione dei conti che la Commissione europea aveva bollato come «inadeguata», il documento di M5S e Lega Nord assicura che nel 2018 andranno individuate misure solo nel rispetto «dei saldi di bilancio». Per gli anni a venire chiede di trattare con l'Ue regole meno rigide.
È la prudenza che il ministro Giovanni Tria ha imposto alla maggioranza facendo capire anche ai più riottosi tra i leghisti e i pentastellati che l'unico modo per realizzare il contratto di governo è proprio quello di passare per il rispetto dei patti europei e poi da una trattativa serrata con la Commissione.
Tria ha ricordato che nel quadro tendenziale previsto dal Def di Padoan c'è il pareggio di bilancio. «Un'evoluzione che è bene non mettere a repentaglio». Poi la riduzione del debito, un percorso «da mantenere».
Senza queste condizioni inutile progettare interventi per la crescita. A settembre il governo dovrà consegnare a Bruxelles il Def in versione aggiornata, questa volta con il quadro programmatico. Quindi incorporerà le riforme che l'esecutivo intende realizzare e il relativo costo. Tria ha assicurato che ci saranno le «opportune coperture. Ogni proposta sarà articolata in considerazione degli effetti sulla crescita e sulla dinamica delle finanze pubbliche».
Il Tria-pensiero punta su una radicale inversione di tendenza sulla spesa per investimenti pubblici. Calata drammaticamente negli ultimi anni a favore della spesa corrente. Gli investimenti «materiali e immateriali» per l'economista sono invece la «chiave della crescita». Con un effetto moltiplicatore che non potrà che fare del bene anche agli investimenti privati oltre anche ai conti pubblici.
È una ricetta un po' diversa rispetto a quella descritta nel contratto di governo. Nell'accordo tra M5s e Lega Nord la chiave per la crescita è affidata al taglio delle tasse e al rilancio dei consumi, quindi flat tax e reddito di cittadinanza.
Con Tria i due capisaldi del programma giallo verde passano in secondo piano a favore di una ricetta che parte dagli investimenti pubblici. Un tipo di spesa pubblica più utile, ma meno interessante in termini di consensi e proprio per questo ridotta ai minimi termini negli ultimi anni, in particolare dai governi di centrosinistra.
Alla base dell'insistenza di Tria, oltre all'idea che solo così sia possibile ottenere più crescita in tempi brevi, anche la convinzione che l'Europa potrà accettare più flessibilità solo sugli investimenti.
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