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Il Colle affonda il Csm: "Intrecci e manovre minano la magistratura"

Per il capo dello Stato la "degenerazione della logica correntizia" aumenta la sfiducia nei pm

Il Colle affonda il Csm: "Intrecci e manovre minano la magistratura"

Coltellate, «manovre» politiche, «trame», persino «scambi» di bassi favori, schifezze varie. Il Csm è un perverso luogo di «degenerazioni e distorsioni, eticamente modesto», tuttavia non posso essere io a scioglierlo, dice Sergio Mattarella: lo farebbe volentieri, ma non ci sono le condizioni. E non posso nemmeno, spiega, sostituirmi al Parlamento e preparare una nuova legge, «non esistono motivazioni per giustificare l'alterazione dei compiti previsti dalla Costituzione». Certo, una riforma del Consiglio serve, e subito. Però è l'intera magistratura che va cambiata. Oggi «arbitrii, disparità di trattamento, interpretazioni originali delle norme» fissano l'immagine di un terzo potere «chiuso in se stesso, preoccupato di costruire consensi, poco trasparente». E i cittadini, giustamente, «hanno perso fiducia».

Insomma, via la politica, basta con le toghe schierate, «l'unica fedeltà richiesta ai servitori dello Stato alla quale attenersi è quella alla Carta». Un discorso, lungo, durissimo, in un Quirinale riaperto per la prima volta dopo il lockdown per l'anniversario dell'annus horribilis 1980 - quando il terrorismo uccise Nicola Giacumbi, Girolamo Minervino, Guido Galli, Mario Amato e la mafia Gaetano Costa - e del 1991, quando Cosa Nostra ammazzo Rosario Livatino. Uno schiaffo alla magistratura, provocato dagli effluvi del caso Palamara le cui vicende «sono in amaro contrasto con l'alto livello morale delle figure che ricordiamo». Un invito a cambiare, abbandonando «il dilagante malcostume».

Mattarella parte dalla situazione generale, dalla mancanza persino del minimo sindacale, cioè regole ferme e sicure, le basi previste dalla Costituzione. «Vale per la giustizia penale, civile, amministrativa, contabile. I cittadini devono poter contare sulla certezza del diritto e sulla prevedibilità della sua applicazione: non possono essere costruire ex post fattispecie di comportamento». Non possono le toghe andare in ordine sparso, seguendo solo i loro interessi. E l'interpretazione delle leggi non può diventare «arbitrio».

Passa poi al Csm, teatro di «gravi e vaste distorsioni intorno ai criteri e alle decisioni di vari adempimenti», come emerge dall'inchiesta di Perugia. Una brutta storia di pressioni, minacce, ricatti, «un intreccio di contrapposte manovre, di scambi, talvolta con palese indifferenza al merito delle questioni e alle capacità individuali». La dialettica va bene, dice il capo dello Stato, le differenze di idee pure, ma non si può ridurre tutto a una guerra tra bande, «a contrapposizioni sganciate dai valori costituzionali e dall'interesse comune». Sono insomma fatti «che sconcertano l'opinione pubblica» e «minano profondamente l'intero ordine giudiziario».

Bisogna cambiare, rovesciando il Consiglio superiore come un pedalino. Ci vorrebbe forse un lanciafiamme. «È necessario che la riforma rimuova prassi inaccettabili, frutto di schieramenti cementati dal desiderio di occupare ruoli di particolare importanza». Il Parlamento si muova, cancellando le correnti e stabilendo nuovi criteri di scelta. Non può certo muoversi il Colle, anche se negli ultimi tempi gliel'hanno domandato spesso. Mattarella ha sempre respinto le richieste. «Si odono talvolta invocazioni perché assuma questa o quella iniziativa, senza riflettete sui limiti dei poteri assegnati dalla Carta. E io ho ritenuto di non doverli ampliare».

Basterà, forse pensa, questa strapazzata.

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