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Colle in ansia: troppa improvvisazione

L'attivismo di Mattarella che muove le «pedine» Tria e Moavero

Colle in ansia: troppa improvvisazione

Roma Dilettanti allo sbaraglio. La manovra-bis, otto-dieci miliardi, che Salvini e Di Maio vorrebbero evitare ma che la Ue e la situazione economica ci potrebbero imporre. La crisi con la Francia, che è rientrata solo dopo una telefonata Mattarella-Macron. Ora pure la Tav: sì, no, forse, magari dopo le elezioni europee. A questo punto il capo dello Stato è seriamente preoccupato. L'Italia, spiega ha bisogno «di studio e di approfondimento» e dovrebbe «rifuggire dall'approssimazione e dall'improvvisazione», invece si ritrova degli incapaci nelle stanze dei bottoni. Sarà per questo, per limitare i danni, che da qualche settimana il presidente ha deciso di uscire dal suo riserbo istituzionale e ha cominciato a muovere le sue pedine nel governo, da Enzo Moavero a Giovanni Tria.

L'improvvisazione al potere non funzionava nel '68, figuriamoci oggi. I «timori» principali del Quirinale riguardano la tenuta dei conti pubblici. Lo spread si è rialzato, le stime di crescita sono in calo, l'agenzia di rating Fitch sta per emettere la sua sentenza e una Finanziaria supplementare è dietro l'angolo, come ha ammesso in Parlamento il ministro dell'Economia. «È prematuro parlarne, ma nel Def si aggiorneranno le previsioni e i saldi si verificheranno in un confronto con l'Unione Europea». Difficile pensare che Tria si sia espresso così senza prima consultarsi con il Colle.

Il problema è che i soci forti della maggioranza, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ma adesso pure Giuseppe Conte, per vari motivi elettorali non sembrano voler prendere atto dell'evidenza. Da qui le critiche di Sergio Mattarella all'«improvvisazione e all'approssimazione». Il presidente parla alla Luiss, in occasione dell'apertura dell'anno accademico. «Al nostro Paese - dice - servono studio, approfondimento, attenzione e capacità di esaminare le questioni». Questo sono i requisiti essenziali «per comprendere la realtà» e risolvere i problemi.

L'Europa, poi. Secondo Mattarella L'Italia dovrebbe aprirsi di più, moltiplicare i rapporti, «abbattere le frontiere», invece si sta «isolando». Lo spiega ricordando il mito di Narciso, «che si specchia in se stesso» e «si chiude e si annulla in questa autocontemplazione». Vale «per gli individui ma pure per delle collettività», è un insegnamento «anche per i nostri tempi in cui emergono tentazioni di chiusura in se stessi, per individui, per gruppi sociali, per realtà nazionali».

Fenomeni pericolosi «che richiedono una riflessione adeguata, storicamente all'altezza del momento, in tutti i Paesi» Conclude parlando dell'innovazione, dell'intelligenza artificiale e delle paure antiscientifiche: «Il progresso è sempre positivo, naturalmente tenendo conto del senso e dei limiti dei risultati e dell'esigenza di regolarli, La cultura e la ricerca sono dei valori riconosciuti dalla nostra Costituzione».

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