La chiamano la battaglia dei lazos amarillos, dei braccialetti gialli e rappresenta una nuova dimensione di scontro tra i favorevoli alla repubblica indipendente di Catalogna e i contrari. Iniziato a luglio come una pacifica dimostrazione, da qualche settimana ha iniziato a mostrare risvolti violenti, soprattutto nei paesini catalani dove il dibattito per l'affrancamento da Madrid è molto più sanguigno e sentito. Da settimane a Barcellona gli indipendentisti legano per le strade, in punti ben visibili, nastrini gialli: dai fusti e i rami degli alberi, alle inferiate dei portoni, alle finestre dei palazzi comuni e a quelli del potere, fino ai tombini, ai semafori e alle transenne che proteggono gli ingressi del dicastero della Giustizia catalano e del Tribunale regionale.
Una quantità enorme di giallo che per gli indipendentisti è un modo per denunciare alla Spagna e al mondo che i loro politici sono stati incarcerati per le loro idee, mentre per l'Audencia Nacional (il Supremo tribunale di Spagna), questa quindicina, tra politici, consiglieri e assessori, è in carcere in attesa di giudizio per i reati di «ribellione, incitamento alla sommossa, disobbedienza all'autorità e malversazione di denaro pubblico per uso privato». Così di giorno c'è chi lega nastrini per porre l'attenzione sui prigionieri politici e di notte chi li taglia per liberare lo spazio pubblico dai fanatici separatisti. Un fenomeno che da settimane è accompagnato anche da piccoli atti di guerriglia urbana, auto bruciate e raid punitivi notturni tra nazionalisti e unionisti. Pochi giorni fa, in una piazzetta del quartiere Gotico a Barcellona, alcune sagome bianche rappresentanti un'istallazione artistica dedicata ai presos, gli incarcerati, è stata distrutta in un blitz notturno d'incappucciati. Per denunciare il gesto è scesa in campo il sindaco Ada Colau che ha parlato di «dimostrazione fascista». Domenica notte, nel Raval, in mezzo alla movida, qualcuno ha gettato liquido infiammabile sulle transenne coperte di nastrini provocando un rogo, poi spento dai vigili del fuoco. Più volte a Barcellona e nei paesini, le due falangi si sono affrontate divise dall'intervento dei Mossos. Piccoli atti di violenza endemici che riempiono le cronache e tengono alta la tensione in Catalogna.
Tre giorni fa, il leader degli «arancioni» di Ciudadanos, Albert Rivera, che, con i suoi deputati di centro-destra, tiene in piedi la risicata maggioranza dell'esecutivo socialista di Pedro Sánchez, armato di forbici ha tagliato una decina di nastrini legati a un palo nel piccolo municipio di Alella (Barcellona), davanti a fotografi e telecamere. Era con lui Inés Arrimadas, presidente sezione catalana del partito che, alle ultime elezioni catalane ha preso più voti, sfiorando la maggioranza assoluta, ma perdendo con la coalizione separatista dell'esiliato Puigdemont.
Tensione anche tra Madrid e Barcellona che, col nuovo esecutivo, da pochi mesi ha iniziato timide prove di dialogo. La polizia catalana ha già i nomi degli autori dei raid notturni, ma esclude un reato se non una multa per infrazioni alla sicurezza dei cittadini: gli autori erano incappucciati.
Per Maria José Segarra, procuratrice generale dello Stato, «mettere o togliere nastri gialli non è reato». Basta che non finisca a bastonate, quindi, si può continuare così: di giorno s'allaccia, e di notte, si slaccia.
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