Proviamo a fare un esercizio di immaginazione: cosa sarebbe successo se fosse stata scoperta una chat di uomini famosi che insultano figure delle istituzioni, giornalisti, personalità pubbliche e stilano una "lista nera" di donne schedate per nome, professione e città? La risposta è semplice, sarebbero stati accusati di violenza ricevendo la pubblica gogna e venendo emarginati da ogni contesto sociale. Eppure è davvero accaduto ma al contrario e le vittime questa volta sono in gran parte uomini con un'aggravante di non poco conto: a stilare la lista nera e a scrivere messaggi intrisi di odio sono state tre femministe tra le più in voga. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo i fatti.
Tutto inizia con una denuncia per stalking e diffamazione da parte di un uomo alle femministe Carlotta Vagnoli e Valeria Fonte e all'indagine della procura di Monza. Al termine dell'indagine vengono resi pubblici sulla stampa i contenuti di una chat whatsapp chiamata "Fascistella" di cui fanno parte, oltre alla Vagnoli e alla Fonte, anche la femminista Benedetta Sabene e gli attivisti pro Pal Giuseppe Flavio Pagano e Karem Rohana in cui si leggono insulti a Mattarella, a Liliana Segre, a Cecilia Sala ma anche a icone progressiste come Antonio Scurati e Michela Murgia. La vicenda, già di per sé molto grave, lo diventa ancor di più quando emerge una lista di 14 uomini sul telefonino di Valeria Fonte denominata "lista nera". Si tratta di un foglio diviso in colonne con nome, professione, segnalazioni, seguito su Instagram, città e accusa in cui compaiono il politico Giuseppe Civati, l'ex parlamentare Dino Giarrusso, il cantante Lodo Guenzi, lo scrittore Emilio Mola e altri uomini. La lista viene presentata dall'autrice con una promessa: "Abbiamo solo iniziato. Io ve lo dico".
Come scrive giustamente una degli obiettivi della chat Cecilia Sala: "Ci siamo fatti spiegare i diritti umani da quelli che godono quando l'Iran rapisce una giornalista. Ci siamo fatti spiegare le molestie dagli indagati per stalking. Il femminismo da quelli che descrivono le donne che lavorano come scendi-cazzi. E il razzismo da quelli che odio tutti gli ebrei".
Parole a cui Anna Paola Concia risponde "carissima mi dispiace molto, ma Vi siete fatti spiegare. E chi contestava le loro tesi è stato messo alla gogna". La Sala ha spiegato che il "ci" era generico e non riferito a lei ma il punto della questione è proprio quello sollevato dalla Concia: chi ha permesso che un tema serio come la difesa dei diritti delle donne e il contrasto alla violenza fosse monopolizzato da femministe con posizioni radicali e ideologiche? Sarebbe bastato leggere i post sui social di Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene o ascoltare i loro discorsi per rendersi conto che si trattava di persone animate da fanatismo e pericolose visioni radicali; d'altro canto, sottolinea il presidente dei Radicali Italiani Matteo Hallissey: "la verità è che Fascistella non rivela nulla di nuovo. Solo l'ovvio: dietro la facciata dell'impegno civile si nasconde spesso la superbia di personalità narcisiste e livorose".
Eppure sono state idolatrate, incensate, hanno offerto loro palcoscenici importanti molte delle stesse persone che poi in privato insultavano. Chissà se almeno questa volta avranno imparato la lezione. E dove sono gli eserciti di indignati e indignate?