Ci sono magistrati di serie A e di serie B, dicono i leader del Fronte del No, quello che affida al referendum le speranze di affossare la riforma della Giustizia targata governo Meloni. I magistrati di serie A sarebbero quelli designati dalle correnti, in grado quando vengono eletti al Consiglio superiore della magistratura di reggere il confronto con i membri eletti dal Parlamento. E poi ci sarebbero i magistrati qualunque, quelli che con l'introduzione del sorteggio potranno finire al Csm anche se ingenui e sprovveduti, e destinati inevitabilmente a soccombere davanti ai volponi designati dalla politica.
Tra gli argomenti sollevati dagli oppositori della riforma è uno dei temi passati più inosservati. Eppure riguarda l'innovazione che, ancora più della separazione delle carriere, appare destinata a incidere sul funzionamento concreto della macchina-giustizia: la designazione per sorteggio dei membri cosiddetti "togati", cioè provenienti dalla magistratura, del Csm. Anzi: dei due Csm, uno per i giudici e l'altro per i pubblici ministeri, previsti dalla riforma. Dove i magistrati continueranno ad avere la maggioranza schiacciante (due terzi contro un terzo), ma - secondo gli oppositori della riforma - essendo arrivati per sorteggio, e senza avere alle spalle militanza nell'Anm, si troveranno a disagio e subalterni davanti ai membri che il Parlamento continuerà ad eleggere. A esprimere questa preoccupazione sono stati, nei giorni scorsi, in parecchi. "È evidente - dice il procuratore generale di Perugia Sergio Sottani - che ad un soggetto sorteggiato non si può chiedere conto del suo agire all'interno del Csm". Per l'ex magistrato Giancarlo De Cataldo, anche lui in prima fila nella campagna per il No, il sorteggio "di certo non garantisce che una funzione così delicata venga affidata ai migliori". I più espliciti, paradossalmente, non sono due magistrati ma due professori universitari. Per Enrico Grosso, presidente del Comitato per il No fondato dall'Anm, "nel momento in cui i componenti togati vengono sorteggiati diventano meno prestigiosi. È come se si volesse dire: chiunque ne può far parte, non ci sono differenze, non ci sono professionalità né competenze specifiche". E Gian Luigi Gatta, docente alla Statale di Milano, "la componente togata potrebbe risultare un'armata Brancaleone di sorteggiati, priva dell'esperienza e delle attitudini richieste dagli standard internazionali, che vanno valorizzate per svolgere quel delicatissimo compito di difesa costituzionale della magistratura".
Aldilà delle differenti sfumature, la tesi di fondo è comune: per fare parte del Consiglio superiore non è sufficiente aver passato il concorso per diventare magistrati, non basta lavorare quotidianamente nei tribunali inquirendo e processando i cittadini, ma serve qualche "attitudine" in più. Dice ancora Enrico Grosso: "Il Csm svolge delicatissime funzioni di alta amministrazione, che è giusto vengano assegnate a soggetti dotati delle competenze specifiche. Chi sceglierebbe col sorteggio il suo medico, o solo l'amministratore di condominio?". Quali siano queste "competenze specifiche", oltre a venire candidati da una corrente della Anm, non viene spiegato. E al magistrato medio, fuori dai giochi dell'Anm, quello che da domani il sorteggio potrebbe mandare al Csm, si dice: non sei in grado, ti mancano le competenze.
Che il tema sia scivoloso lo ha capito bene Nicola Gratteri (nella foto), divenuto di fatto il frontman della campagna per il No alla separazione delle carriere, che al sorteggio dei membri del Csm ha invece - spiazzando l'Anm - aperto le porte: "Chi è in grado di
scrivere sentenze, chi è in grado di fare una lezione all'università, sarà sicuramente in grado di valutare se Tizio può diventare presidente del Tribunale o meno". Non tutti i suoi colleghi evidentemente la pensano come lui.