
Un'altra beffa. La seconda in soli tre giorni. Anche se con un risultato pratico molto più deludente. A differenza di domenica, quando i droni volanti ucraini hanno seriamente compromesso la capacità strategica dell'aviazione russa, il drone sottomarino usato all'alba di ieri per colpire i pilasti del ponte di Kerch non ha dato i risultati previsti. Neanche dieci ore dopo l'esplosione, registrata alle cinque di mattina, il ponte che collega la penisola di Crimea alla Russia era di nuovo aperto al traffico. Segno che la deflagrazione di almeno mille e cento chili di esplosivo rivendicata dall'Sbu, i servizi segreti ucraini, si è verificata ad una distanza non sufficiente a comprometterne la stabilità.
Ma se il ponte regge la sua immagine traballa. L'infrastruttura, lunga diciotto chilometri e sviluppata su due livelli per consentire il traffico automobilistico e ferroviario, garantisce il collegamento della penisola annessa nel 2014 con la Russia. Un collegamento dall'alto valore simbolico voluto dallo stesso presidente Vladimir Putin che nel 2019 collaudò di persona il ponte guidando un camion da un capo all'altro. Ma l'alto valore simbolico contribuisce a trasformarlo in un bersaglio dell'Sbu, l'intelligence nemica.
Il primo tentativo ucraino di distruggerlo risale all'ottobre del 2022 quando i servizi segreti di Kiev fanno esplodere un camion bomba, guidato da un ignaro autista, in mezzo al ponte provocando il crollo di una corsia stradale e seri danni alla stabilità dei pilastri. Danni che richiedono diversi mesi di lavoro per garantirne il ripristino. Da allora il ponte è circondato da un triplo sistema di difesa capace, in teoria, di prevenire attacchi aerei, marittimi e sottomarini. I sistemi di contraerea Pantsir e S400 uniti a postazioni di mitragliatrici garantiscono la difesa da incursioni di droni. Intorno ai piloni si sviluppa un sistema di controllo della superficie e del fondo marino con sensori idro-acustici ed elettronici in costante collegamento con chiatte e di navi di sorveglianza. Una serie di barriere sottomarine mobili punta invece a prevenire gli attacchi di droni subacquei. Il tutto sotto il controllo dei servizi segreti dell'Fsb coadiuvati dal 39º distaccamento della Marina militare russa e dagli uomini della Guardia Nazionale.
Nonostante queste difese nel luglio 2023 il ponte viene nuovamente colpito da due motoscafi telecomandati caricati con 500 chili di esplosivo che però non compromettono la stabilità dei piloni. L'incursione di ieri sarebbe riuscita in seguito allo sviluppo del drone marittimo Marichka collaudato nell'agosto del 2023. Grazie ad un autonomia di mille chilometri questo siluro subacqueo lungo sei metri e capace di trasportare una tonnellata di esplosivo, garantisce l'attraversamento dei 650 chilometri di acque marine che separano il ponte dai territori ucraini. Ci si chiede però come possa aver evitato la rete di sensori idroacustici. Proprio questa capacità moltiplica le congetture russe riguardo ad un possibile coinvolgimento occidentale.
I principali indiziati, come nel caso dell'attacco di domenica, sono i servizi segreti britannici sospettati di agire fuori dal controllo statunitense.
Anche perché lo sviluppo dei droni marittimi ucraini è avvenuto con la collaborazione dello Special Boat Service, l'unità delle forze speciali della Royal Navy britannica equivalente ai Seal statunitensi o al nostro Comsubin. Sospetti che aumentano il rischio una rappresaglia russa studiata per colpire non solo l'Ucraina, ma anche i territori dei potenziali nemici europei.