Cronache

Un colpo fatale alla nuca. Mafia o pista passionale dietro l'omicidio del prof

Dario Angeletti freddato all'interno dell'area protetta. Decisive le riprese delle telecamere

Un colpo fatale alla nuca. Mafia o pista passionale dietro l'omicidio del prof

Appuntamento con l'assassino. Un delitto passionale o l'ombra dell'ecomafia? È il giallo di Natale la morte del professor Dario Angeletti, 52 anni, ucciso con un proiettile alla nuca all'interno della sua auto in uno spiazzo delle Saline di Tarquinia, riserva faunistica oggetto di ricerca della vittima, biologo e docente associato in ecologia dell'Università della Tuscia, Unitus. Soprattutto responsabile dell'Unità di ricerca sui cetacei e titolare dei corsi di Ecologia Applicata e Tutela, monitoraggio, dell'Ambiente Marino al polo universitario di Civitavecchia. Gli inquirenti pensano a un litigio causato da problemi sentimentali ma non escludono l'ombra della mafia che si sarebbe sbarazzata di un elemento di disturbo. In gioco milioni di euro legati ai rifiuti tossici in mare e alle lottizzazioni nel retroterra costiero. Nonostante i carabinieri di Viterbo, che indagano sul caso, non rilasciano dichiarazioni, questa è una delle piste battute dalla Procura di Civitavecchia anche se non si esclude affatto un delitto maturato in ambito privato. Un omicidio comunque premeditato.

eduto al posto di guida, testa reclinata e cintura allacciata, la scena del crimine. A terra i segni di frenata della sua Volvo grigia e quelli di un'auto che lo seguiva. Angeletti ha aperto la portiera al killer e l'ha fatto sedere sul sedile anteriore. Poi l'assassino ha esploso il colpo mortale da distanza ravvicinata. Un accordo saltato, una vendetta? Oppure Angeletti, persona perbene e stimata, non è voluto stare al gioco di qualcuno che aveva puntato gli occhi proprio su quell'area da lui tutelata? Il professore aveva scoperto gli affari sporchi di qualcuno e minacciava di rivelarli? Sono le 13,30 di martedì. Tra la caserma dei carabinieri della Biodiversità della Riserva Naturale delle Saline e il parcheggio dell'area protetta c'è un testimone. È un contadino che sente un colpo di pistola. Un revolver, visto che i militari non trovano il bossolo né all'interno, tantomeno all'esterno della berlina. L'uomo avrebbe visto anche un'auto allontanarsi in fretta, la stessa congelata dalle due videocamere di sicurezza dell'oasi naturalistica? La scientifica avrebbe comparato le tracce di pneumatici rilevate sul terreno con le auto riprese dal sistema, mentre il nucleo investigativo dell'Arma starebbe interrogando amici, parenti e colleghi strettissimi del prof alla ricerca del movente. Fra i sospettati un amico di San Martino al Cimino, interrogato per ore fino a quando accusa un malore e finisce in ospedale.

Due sorelle, moglie veterinaria e due figli, Angeletti era il figlio di un noto medico del posto. Una vita e una famiglia senza macchia. In paese di lui ricordano la grande disponibilità verso gli altri. «Era una persona mite, fin troppo pacifica» raccontano. Una persona fragile per molti. Gli inquirenti scavano nella vita privata e professionale della vittima. La sua attività di ricerca era centrata su ecologia, genetica ecologica e monitoraggio ambientale. Responsabile dal 2017 del centro interuniversitario marino, autore di 52 contributi scientifici su riviste internazionali e nazionali nonché su atti di congressi. Non si esclude che l'omicida, sapendo che Angeletti ogni giorno si recava nel laboratorio di ecologia e centro ittiogenico sperimentale alle Saline, lo abbia seguito e costretto a fermarsi.

Un collega di Angeletti? Oppure un killer assoldato per eliminare un ricercatore scomodo? Oggi l'esame autoptico.

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