Coltellate per un crocifisso. Lite gialloverde sui rimpatri

La violenza di Roma scatena Di Maio contro l'alleato: "Troppi irregolari". Salvini lo zittisce, il Pd minimizza

Coltellate per un crocifisso. Lite gialloverde sui rimpatri

Il solo sospetto del movente religioso dietro alla lite tra due clochard alla stazione Termini di Roma innesca una nuova miccia tra Lega e Cinque Stelle, con un acceso scambio di battute tra i due alleati di governo. È lo stesso ministro dell'Interno, Matteo Salvini, a raccontare l'episodio avvenuto alla vigilia di Pasqua nel corso di una conferenza stampa a Pinzolo: un marocchino senza fissa dimora che tenta di sgozzare un uomo con il crocifisso al collo urlando «italiano cattolico di merda». Almeno secondo la versione fornita dalla vittima agli inquirenti. Tanto che, per quanto la vicenda non sia ancora del tutto chiara, il pm Alberto Galanti contesta all'aggressore il tentato omicidio con l'aggravante dell'odio religioso.

Prima ancora di conoscere le intenzioni della Procura e sulla scia di quanto accaduto in Sri Lanka, il numero uno del Viminale si era già mosso per alzare il livello di sicurezza nelle città, parlando di estremismo. «L'attenzione è massima, la vigilanza è massima. Il problema è dato dal fanatismo islamico», aveva detto Salvini annunciando di aver scritto a prefetti e questori per aumentare controlli e attenzione «nei luoghi di aggregazione di cittadini islamici, per prevenire ogni tipo di violenza contro cittadini innocenti». La vicenda diventa un pretesto per aprire un nuovo scontro nella maggioranza, questa volta sull'immigrazione. Il ministro Luigi Di Maio parte in quarta su un tema assai caro al collega leghista, attaccando sui clandestini e chiedendo al premier Giuseppe Conte di convocare quanto prima un vertice sui rimpatri ancora fermi: «Il problema ce lo abbiamo in casa, non basta inviare lettere per scongiurare attacchi. Occorre lavorare subito sui 600mila irregolari che abbiamo in Italia». Un colpo ulteriore dopo quello inferto la scorsa settima da Abu Dhabi, dove il vicepremier aveva giudicato inefficace la direttiva emessa da Salvini per contrastare l'immigrazione clandestina.

Il ministro dell'Interno passa al contrattacco punzecchiando i pentastellati e invitandoli al Viminale per contribuire alla soluzione del problema: «Se gli amici dei Cinque Stelle hanno voglia, tempo e idee, ho convocato proprio per domani (oggi, ndr) alle 10 una riunione su immigrazione, terrorismo, sbarchi ed espulsioni, riunioni che in questi mesi hanno portato a decreti, proposte di legge e direttive che hanno dato risultati positivi che tutti gli italiani hanno notato». E, in risposta al Partito democratico «impegnato a negare il movente religioso nell'aggressione alla stazione Termini», Salvini ricorda che il giorno di Pasqua, a Torino, un senegalese ha aggredito due poliziotti urlando «Allah Akbar». «Il ministro dell'Interno - insiste - ha il dovere di garantire la sicurezza e di non sottovalutare questi fenomeni, che guarda caso vedono come protagonisti degli extracomunitari arrivati in Italia grazie ai porti aperti».

Anche l'opposizione entra nel dibattito. Se Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, grida alla «guerra santa» e invoca misure drastiche, Mariastella Gelmini, presidente del Gruppo di Forza Italia alla Camera chiede maggiori risorse per le forze dell'ordine e se la prende con il governo: «Di Maio diventa sceriffo e bacchetta Salvini, mentre il ministro dell'Interno si mette la divisa da Robin Hood per far tornare i conti: sono un triste spettacolo».

La deputata azzurra Deborah Bergamini, invece, stigmatizza il fatto che «indossare un crocifisso o una kippah equivalga a mettere a rischio la propria vita». Il Pd, intanto, cerca di abbassare i toni invitando ad attendere chiarimenti sulla dinamica dei fatti e dando dell'«irresponsabile» al ministro Salvini.

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