Il marcio nei rapporti con lo Stato

Il sistema cooperativo negli anni ha tessuto un network di relazioni pubbliche in cui rapporti personali e fondi opachi ne sono stati il collante

Il marcio nei rapporti con lo Stato

La questione delle cooperative deve essere affrontata con un pizzico di freddezza in più. Figurarsi se qui si vuole difendere un sistema che in tempi non sospetti abbiamo criticato, con una certa preveggenza, proprio per i suoi rapporti incestuosi con una certa politica. Ora si rischia però, come spesso avviene in Italia, di legiferare e peggiorare la situazione.

Fin troppo banale dire che non si può mettere insieme tutte il mondo cooperativo. Il fatto che molti recenti casi di cronaca giudiziaria, da Mafia Capitale alla metanizzazione di Ischia, vedano la cooperazione invischiata in brutte storie di tangenti (presunte), non può voler dire che il sistema sia tutto marcio. Un po' di freddezza, please : conviene distinguere per evitare così che si ripeta il malaffare. Intanto ci sono coop e coop: tra le più coinvolte quelle che un tempo erano definite rosse. E a ragion veduta: i loro vertici venivano o proseguivano le proprie carriere in politica e specificatamente nell'ex Pci ora Partito democratico. Vogliamo anticipare le nostre conclusioni, così facciamo prima. Il punto che ad esser marcio in Italia è il rapporto con la pubblica amministrazione. È lì che si annida la corruzione. Il sistema cooperativo che negli anni della crisi è sopravvissuto ha in molti casi utilizzato una scorciatoia (oltre a quella fiscale di cui comunque gode) che è il suo rapporto particolare con le stazioni appaltanti (pubbliche) e i decisori politici. Non bisogna guardare il dito (le coop corrotte), ma la luna. Che è fatta di amministratori geneticamente vicini alla politica e in grado di condizionarla e farsene condizionare. Non è un caso se le inchieste hanno scoperchiato attività opache ma tutte finanziate con soldi pubblici, dalla manutenzione dei campi rom alla realizzazione di lavori pubblici.

Ci sono anche milioni di cooperative che lavorano in quegli interestizi sociali, spesso autofinanziandosi, realizzando il mercato, laddove questo sia poco o per nulla remunerativo per società di capitali. E che non svolgono alcuna concorrenza sleale.

Il tema è dunque quello dei soliti perversi rapporti con la pubblica amministrazione. I vertici della Lega delle cooperative oggi non possono permettersi di piangere lacrime di coccodrillo: le recenti storie giudiziarie non hanno solo svelato mariuoli che sbagliano. Il sistema cooperativo negli anni ha tessuto un network di relazioni pubbliche in cui rapporti personali e fondi opachi ne sono stati il collante. Come ha spesso denunciato Caprotti, il patron di Esselunga, c'è un'altra relazione coop-pubblico altrettanto incestuosa: ed è quella dell'assegnazione di licenze. Anche in questo caso, il tema è la commistione dei rapporti, non la formula sociale dell'azienda.

Ps: un'ultima, ma non per questo meno importante, criticità è rappresentata dai prestiti sociali, che le coop di consumo hanno incassato dai loro clienti-soci. Si tratta di un'anomalia gigantesca. Una raccolta di risparmio non vigilata adeguatamente. Una potenziale bomba atomica sul sistema. È bene che il mondo cooperativo la sciolga il prima possibile. Per ora sono esplosi gli scandali ciroscritti a qualche centinaia di milioni in Friuli-Venezia Giulia.

Ma il potenziale è devastante e miliardario. E per i vertici delle Coop fischiettare facendo finta di nulla potrebbe essere peggio che aver sottovalutato le sliding doors tra politica e cooperazione, come è avvenuto fino ad oggi.

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