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Commissione inerte sulla crisi dell'acciaio

L'acciaio europeo è in ginocchio

Commissione inerte sulla crisi dell'acciaio

L'acciaio europeo è in ginocchio. E il grave ritardo della Commissione nell'intervenire con le dovute salvaguardie per difenderlo dalla concorrenza sleale extra Ue, rischia di provocare uno tsunami in grado di travolgere non solo industria e posti di lavoro, ma anche lo stesso Mercato unico europeo. Come infatti segnalato anche in una lettera inviata alla presidente von der Leyen da alcuni ex direttori generali della Commissione, di fronte all'inerzia delle istituzioni europee gli Stati membri sono legittimati ad intervenire «unilateralmente» fissando barriere interne che metterebbero pericolosamente i Paesi Ue gli uni contro gli altri. Un'azione del genere non solo determinerebbe un precedente pericoloso nella storia europea, ma minaccerebbe anche il Mercato unico. Per questo ho scritto una lettera urgente rivolgendomi direttamente alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen: ho sottoposto la missiva ai colleghi eurodeputati, arrivando a 104 firme. Un'adesione trasversale che conferma la gravità della situazione. Trovo assurdo e inaccettabile che, mentre lavora al Recovery Fund, sia proprio la Commissione, con il suo immobilismo sulla crisi siderurgica, a creare le condizioni per dare fiato a nuovi nazionalismi antieuropei, una guerra dell'acciaio tra Stati membri in cui perderebbero tutti. La crisi coronavirus ha piegato la siderurgia Ue. La domanda di acciaio è crollata del 50%, il 40% dei lavoratori sono stati licenziati o messi in cassa integrazione, mediamente il 40% delle imprese del continente è stato costretto a chiudere o a tagliare la produzione. Dall'ex Ilva a Terni, in Italia si moltiplicano i poli siderurgici in difficoltà, un quadro critico che si scontra con l'incapacità del governo Pd-M5s, impossibilitato dalla propria incompetenza anche solo ad immaginare un piano industriale di rilancio, di cui invece abbiamo bisogno.

Una situazione di difficoltà di cui potrebbero approfittare Paesi terzi come Turchia, Egitto, Corea del Sud e Indonesia, aumentando massicciamente le esportazioni di acciaio a basso prezzo verso l'Europa, dando così la mazzata finale alle nostre industrie.

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