«La comunità internazionale si desta a intermittenza. Non basta svegliarsi solo quando attaccano le città europee, gli attacchi e le persecuzioni dei cristiani vanno avanti da anni». Alessandro Monteduro, direttore di «Aiuto alla Chiesa che soffre», fondata nel 1947, 21 sedi nel mondo, 105 milioni raccolti nel 2014, 130 previsti nel 2015 con 8mila progetti finanziati, non nasconde la sua perplessità di fronte agli atteggiamenti titubanti dei governi occidentali, ma allo stesso tempo sottolinea la crescente sensibilità della gente comune verso le comunità cristiane perseguitate.La crescita dei vostri interventi però delinea anche la crescita delle persecuzioni e dell'intolleranza verso i cristiani.«Aumentano le persecuzioni e le situazioni di povertà soprattutto in alcune aree, come il Medio Oriente. Ma l'altra faccia della medaglia è che aumenta l'attenzione e la reazione all'ingiustizia da parte dei popoli occidentali». Popoli, non governi.«Obama, dopo Parigi, parlò di attacco all'umanità e ai nostri valori universali. Chi non condividerebbe queste parole? Ma c'è un particolare: se è un attacco all'umanità e ai nostri valori, non dovremmo parlarne solo quando vengono colpite le città europee. Gli attacchi ai nostri valori c'erano da tempo, anche la settimana precedente alle stragi di Parigi, con l'attentato a Beirut o con la tragedia dell'aereo russo decollato da Sharm el Sheikh».C'è un piano congegnato dagli islamisti per cacciare tutti i cristiani dal Medio Oriente?«Ahimé sì. Lo dicono innanzitutto i numeri dell'Iraq, dove sono rimasti circa 300mila cristiani, mentre fino al 2002 erano oltre un milione. In media ne sono fuggiti dal Paese quasi 60mila all'anno. Se la tendenza dovesse continuare nei prossimi cinque anni, la comunità cristiana in Iraq scomparirà del tutto. Lo stesso fenomeno si sta profilando in Siria».C'è un modo per fermare questo processo?«Il Pontefice ha già dato una risposta a questa domanda. La comunità internazionale non può più continuare a discutere solamente. Lo stesso Papa credo abbia parlato dell'opportunità di costituire una forza multilaterale che affronti il problema alla radice».Crede che un intervento militare internazionale possa riportare la normalità?«Se la forza multilaterale fosse coesa e convinta e se coinvolgesse anche i paesi arabi confinanti sarebbe la definitiva soluzione».
Cosa potrebbe fare l'Italia, oltre a partecipare a un intervento multilaterale, per aiutare i cristiani perseguitati?«L'Italia potrebbe occuparsi intanto di quelli che vogliono lasciare la Siria, l'Iraq o la Nigeria. Il governo potrebbe ridurre i tempi per concedere lo status di rifugiato. Oggi ci sono 40 commissioni disseminate sul territorio nazionale e i tempi per la valutazione vanno dai 18 ai 20 mesi. Un'enormità». RP- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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